Cronache

Macron soffia sul fuoco in Libia. E l'Europa se ne lava le mani

Salgono a 50 i morti nel caos libico. Scontro tra Parigi e Roma. Ma l'Ue non interviene: "I Paesi hanno un'unica linea"

Macron soffia sul fuoco in Libia. E l'Europa se ne lava le mani

La rivalità in Libia tra Francia e Italia parte da lontano. Arriva da quell’intervento nel 2011 contro Gheddafi, mal visto dal Belpaese e sostenuto – anzi forzato – dall'Eliseo. Macron allora non c’era, ma la musica non è cambiata nonostante l’avvicendamento del direttore d’orchestra.

Salvini in questi giorni di crisi, con Tripoli sotto assedio e il premier Al Serraj in bilico, non ha mai nominato il presidente francese ma è a lui che si riferisce quando dice che “le incursioni di altri che hanno interessi economici non devono prevalere sul bene comune che è la pace”. Macron, “l’unico che ride” in questo caos, è il convitato di pietra tra Al Serraj e Haftar.

L'Italia, spiegava Conte l’8 agosto descrivendo la strategia italiana in Libia, ha l’interesse primario di “stabilizzare” l’altra sponda del Mediterraneo. Senza pretese, senza mire espansionistiche. Tre esponenti del governo sono già andati a Tripoli (Salvini, Moavero, Trenta) e l’esecutivo ha regalato 12 motovedette alla Guardia costiera locale per frenare l’afflusso di migranti. Ma potrebbe non bastare.

Il fatto è che dall’altra parte c’è Emmanuel Macron. C’è la Francia. Nello scacchiere libico, per colpe attribuibili al precedente governo, Roma è al fianco del governo di Tripoli mentre Parigi sostiene il generale Khalifa Haftar (e non è inviso a Al Serraj). La Francia il 29 maggio scorso ha forzato la mano fissando le elezioni per il 10 dicembre e presentandosi come nuovo punto di riferimento per entrambe le parti in causa. L’Italia ha pensato di rispondere con una conferenza in programma per novembre a Sciacca (invitato anche Haftar), mossa che ha già ottenuto il sostegno del presidente americano Donald Trump. Ma potrebbe essere troppo tardi: l’uomo forte della Cirenaica in una intervista gelò il governo italiano, dicendo che Roma “deve cambiare radicalmente la sua politica estera nei confronti della Libia"; e l'assedio a Tripoli potrebbe vanificare il tutto.

Se Al Serraj dovesse cadere in questi giorni, al suo posto è possibile finisca un uomo vicino ad Haftar e Macron diventerebbe così l’interlocutore principale per tutta la Libia. Tagliando fuori il Belpaese. Allora sì che riderebbe di gusto.

Gli unici veri alleati dell’Italia in questa partita sono gli egiziani e i russi. La stabilità della Libia fu al centro dell'incontro al Cairo tra Salvini e il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, il 18 luglio. "Una cosa che abbiamo condiviso è che la stabilizzazione della Libia non deve passare attraverso balzi in avanti, come quelli francesi", dichiarò il vice premier al suo ritorno dal Cairo.

E l’Europa in tutto questo, che fa? Quando Salvini propose di riconoscere Tripoli come un porto sicuro dove sbarcare i migranti, Bruxelles rispose picche. Niente da fare. L’Ue è in guerra con il governo e quanto successo sul caso Diciotti lo dimostra ampiamente. E così mentre in Libia sono già 50 i morti in questa nuova escalation di violenze, Bruxelles si limita a poche frasi di circostanza. Una portavoce della Commissione Ue, Maja Kocijanic, rispondendo a chi gli chiedeva un commento sulle accuse dell’Italia alla Francia, ha solo detto che i Paesi membri dell'Unione Europea "mantengono una posizione unita" sulla Libia. A dire il vero sembra il contrario, ma non per Bruxelles. "L'Alto rappresentante Federica Mogherini ha avuto ieri un colloquio telefonico con il rappresentante dell'Onu per la Libia, Ghassam Salamè", ha ricordato la portavoce, ribadendo "il pieno sostegno dell'Ue, concordato da tutti i Paesi membri, per arrivare ad una soluzione duratura della crisi in Libia", nella convinzione che "solo un processo politico può portare ad una soluzione stabile, complessiva e sostenibile" della crisi.

Ecco perché dalla Lega, per voce dell’europarlamentare Mario Borghezio, già arriva l'accusa di “non aver saputo in alcun modo contrastare il disegno egemonico della politica pro-Haftar".

“In tutta la complessa recente vicenda libica - ha scritto Borghezio in una interrogazione diretta alla Commissione Ue - secondo la totalità degli osservatori, il ruolo inconsistente svolto dall'Ue ha consentito e di fatto sostenuto il ruolo destabilizzatore della Francia di Macron".

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