Cronache

Una madre e la condanna del rimorso

Nei pochi istanti di lucidità di queste ore, le sembrerà un insulto essere viva

Una madre e la condanna del rimorso

Nei pochi istanti di lucidità di queste ore, le sembrerà un insulto essere viva. Le sembrerà un insulto perfino il fatto che lo siano i suoi figli. Cosa che, propriamente, tra i vivi non la colloca. Si resta vivi quando ci si pente di esserlo? Nel momento in cui le imprudenze altrui prendono la forma della tragedia è facile discostarsene indignati. Sentirsi profondamente distanti da certe condotte. La realtà è che le giornate di tutti sono costellate di istanti di imprudenze che, con un po' di fortuna rimangono tali. Ma quando, per una manciata di minuti si percorrono pochi metri, affannati, in ritardo, carichi di gesti automatici e nervosi e la vita smette di aiutarti, allora diventa drammaticamente chiaro cosa una leggerezza è in grado di scatenare. Alla mamma dell'Aquila che ha parcheggiato l'auto su quella salita, nulla è andato in aiuto. Il tempo, le mosse, la posizione della macchina, l'altro figlio lasciato nell'abitacolo che forse ha toccato il freno a mano. E quella scommessa dissennata è andata tutta storta. Ha scommesso, non si sa con quanta consapevolezza, e ha perso tutto. Facendo perdere tutto anche ad altri: un bimbo di quattro anni morto, due in prognosi riservata trasportate d'urgenza al Gemelli di Roma, altri feriti. Stavano giocando nel parchetto dell'asilo quando gli è arrivata addosso la morte. O attorno, accanto, davanti agli occhi. Lo scivolo da un lato e il compagno a terra dall'altra. E le mamme... Quelle mamme chiamate a casa o raggiunte chissà dove per essere avvisate di ciò per cui mancano le parole. Ci sono pochi momenti e pochi luoghi grazie ai quali, pensando ai tuoi figli, allontani l'idea del pericolo, almeno in parte. Tra questi ci sono di sicuro l'asilo o la scuola o quei pochi luoghi fatti apposta per loro, pieni di cose minuscole come loro, colorate come loro, innocue come loro. Perché dal momento in cui li metti al mondo, i figli diventano un'attenzione perenne, costante, silente. Si inizia a vivere in uno stato di allerta continuo e si diventa deboli perché quando si dipende da qualcun altro si è deboli. E non importa quanto crescano o dove vadano, c'è purtroppo una sola, tragica circostanza in cui si smette di preoccuparsi per i figli. Ed è un disimpegno che mai qualcuno vorrebbe. Il dolore peggiore. Ecco.

Il dolore è la debolezza che se ne va.

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