Cronache

Ma mancano ancora troppe verità (e nomi)

Sarà davvero concluso il capitolo degli anni di piombo con la riconsegna di sette ex brigatisti riacciuffati a Parigi dove vivevano protetti e ora invecchiati ma sempre sporchi di sangue?

Ma mancano ancora troppe verità (e nomi)

Sarà davvero concluso il capitolo degli anni di piombo con la riconsegna di sette ex brigatisti riacciuffati a Parigi dove vivevano protetti e ora invecchiati ma sempre sporchi di sangue? Sono sette quelli catturati ieri mattina e messi a disposizione dell'Italia, ma ce ne sono altri tre che hanno subodorato il cambio di linea del governo francese e se la sono data a gambe.

Il fatto è di per sé enorme, perché la Francia aveva applicato fino a ieri, all'Italia, un trattamento colonialista: voi italiani siete selvaggi incapaci di rispettare i diritti dell'uomo e noi proteggiamo i vostri fuggiaschi che si rifugiano da noi. La storia dell'ospitalità francese per criminali e politici è antica quanto la Francia rivoluzionaria, che cominciò a dare asilo ai dannati della terra e seguitò a farlo anche per rimpinguare le file dei reggimenti svuotati dalle guerre e della Legione Straniera che è stata un suo braccio armato molto utile a basso costo, fatto di coscritti autorizzati a dimenticare il proprio nome e seppellire il passato. Oggi la Francia sta affrontando una sollevazione di militari che operano per lo più nell'Africa Occidentale francofona dove Parigi seguita a mantenere un esercito e amministrare un impero con fruttuosi ricavati, ma resta impelagata in guerriglie islamiche con jihadisti che costringono il suo personale in primissima linea, come sa chi ha seguito la fortunata serie Le Bureau.

Per noi italiani i problemi francesi sono meno importanti e ci chiediamo chi siano oggi questi vecchi eversori per lo più assassini, riacciuffati a trenta o anche a quaranta anni dai fatti, invecchiati, talvolta malati e in varia misura disperati. Ieri mattina sono stati presi all'alba Giorgio Pietrostefani, Marina Petrella, Enzo Calvitti, Roberta Cappelli, Giovanni Alimonti, Narciso Manenti e Sergio Tornaghi, tutte persone che hanno ricevuto condanne definitive per aver sparato, ferito, ucciso e anche per aver partecipato a sequestri di persona negli anni Settanta e Ottanta.

La domanda che tutti ci facciamo è: che tipo di persone saranno questi vecchi relitti strappati alla dolce latitanza francese? Alcuni di loro si proclamano irriducibili, altri no, ma più che altro non è chiaro perché la notizia non viene neppure discussa nei rapporti governativi, se costoro sono disposti a ripagare la società che hanno ferito e gli esseri umani cui hanno tolto la vita, fornendo qualche pezzo in più delle verità che si sono portati nella loro memoria blindata. Chi fra questa gente è implicato nel rapimento di Aldo Moro potrebbe finalmente parlare, ma sappiamo anche che una tale speranza è remota. Sarebbe tuttavia una notizia buona un impegno dei magistrati italiani per avere nuove e importanti informazioni da queste persone e il loro passato, facendo loro osservare che averla fatta franca non è un titolo di merito e che anzi il loro debito è cresciuto.

Le vittime, le loro famiglie, senza esultare sono comunque soddisfatte: la giustizia è lenta, ma alla fine porta a casa il risultato. Ieri Le Monde avvertiva i propri scettici lettori che per decenni si erano sentiti i protettori dei latitanti italiani in Francia come se fossero stati delle vittime e non dei carnefici del fatto che Macron aveva cambiato idea e più che altro aveva cambiato la linea inaugurata dal presidente Mitterrand, secondo cui la Francia avrebbe ospitato tutti i fuggiaschi a condizione che non avessero ucciso o ferito nessuno. Poiché il gruppo di dieci ex terroristi è fatto solo di persone che hanno colpito, ucciso o ferito, la radio francese e i telegiornali ieri si sono molto preoccupati di rassicurare i francesi sul fatto che la linea guida del vecchio presidente socialista che dava asilo anche agli assassini italiani, era stata rispettata. E, ha detto pubblicamente il presidente Macron contraddicendosi, abbiamo così concesso all'Italia ciò che ci chiedeva da molti anni. La contraddizione sta nel fatto che se era già stabilito secondo la linea Mitterrand che assassini e feritori non avrebbero dovuto avere diritto d'asilo, allora perché gli era stato concesso, respingendo in maniera piuttosto oltraggiosa le ripetute domande della giustizia italiana?

Il fatto è, sembra di capire, che l'Italia di Draghi non è più l'Italia dei leader non rispettati in Europa e che dunque si doveva finalmente concedere ciò che si sarebbe dovuto dare subito. Il caso più clamoroso - lo ricordiamo - è stato quello di Cesare Battisti, che ha vissuto come un esule famoso e riverito, coccolato dall'Eliseo e presentato come una vittima della repressione italiana e poi fuggito in Brasile dal presidente Lula che adesso ammette, anche lui, di avere sbagliato. Qui sbagliano tutti, sono tutti compagni che sbagliano, presidenti che sbagliano.

Sarebbe dunque questo il momento di far vedere dietro e oltre questo evento positivo una volontà politica coincidente con gli interessi della giustizia: la magistratura ha dei cittadini latitanti che devono scontare una condanna e può ancora far molto per conquistare pezzi di verità.

E forse sarebbe auspicabile una iniziativa di giustizia che rendesse in qualche modo vantaggioso per questi vecchi terroristi riacciuffati all'alba dopo una latitanza dorata, finalmente parlare e raccontare ciò che sanno.

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