Chiediamolo ai virologi

Cene in sei e mascherine in casa: ecco cosa non torna nel Dpcm

Continua la polemica sulle misure contenute nell'ultimo Dpcm. Il professor Clementi: "Mascherine dentro casa? Mi sembra eccessivo..."

Cene in sei e mascherine in casa: ecco cosa non torna nel Dpcm

Mascherina in casa sì o no? Qual è la distanza corretta tra un soggetto ed un altro? Chi possiamo invitare a casa? L'Italia è entrata in una nuove fase restrittiva a causa dell'aumento dei contagi arrivati quasi a 6mila al giorno. Con il professore Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all'Ospedale San Raffaele di Milano, abbiamo provato a capire meglio il perché di certe misure, perché sono cambiate alcune decisioni rispetto ai mesi precedenti e se il virus fa paura come prima o stiamo riuscendo, comunque, a gestirlo.

Professor Clementi, il nuovo Dpcm del governo prevede che non si possano far venire più di sei persone in casa: perché proprio questo numero?

"Potrebbe essere un numero intermedio tra poche persone ed un numero elevato che dà adito ad un assembramento. È una cifra intermedia: negli ultimi giorni si è detto ripetutamente, tra gli esperti, che una delle principali cause d'infezione sono quelle domestiche, si è pensato di limitare".

Qual è il fine di questa misura?

"Come detto, credo sia quello di limitare le infezioni in ambito domestico. Se questa misura sarà efficace non lo so dire, così come è difficile dirlo di molte altre cose: ad esempio, in parallelo all'incremento dei contagi, c'è un incremento di pareri allarmisti su vari programmi di commenti televisi e sui giornali, che hanno fatto il paio con i decreti. Se si arriva a dire 'veniamo a vedere chi c'è in casa', vuol dire che è uno degli obiettivi di questo Dpcm modificare le nostre abitudini".

Il Governo raccomanda di usare anche la mascherina dentro casa quando si ricevono dei non congiunti: ha senso indossarla?

"Mi sembra eccessivo perché non viene richiesto nei ristoranti pubblici purché rispetti la distanza, perché dovrei usarla in casa? E poi come farei ad indossarla a cena mentre si mangia? Mi sembra difficile..."

Come mai si è deciso di abbassare la quarantena da 14 a 10 giorni ed eliminare i due tamponi per certificare la negatività? C'è un riscontro con la Medicina?

"Qui c'è stata una piccola battaglia perché il Consiglio degli esperti che affianca il Ministero della Salute ha resistito fino all'ultimo su questo elemento. Il vice-ministro Sileri, assieme ad altre personalità scientifiche che si erano espresse, compreso me, avevo espresso parere positivo per queste riduzioni: nel caso delle quarantene, c'era un eccessivo numero di persone che, pur venendo a contatto con dei positivi ma senza star male, si erano messe in quarantena. Ma ha senso per un periodo ragionevole per cui l'infezione si può manifestare: se non si manifesta entro 7-10 giorni perché aspettare? La gente stava nel limbo senza poter lavorare e svolgere le proprie funzioni in maniera normale".

E per quanto riguarda i due tamponi per i guariti?

"Per loro si è tenuto conto che spesso, in questa infezione, c'è una coda di positività del tampone perché viene rilevata una piccola quantità di virus che non dà luogo ad infettività. Il Presidente Trump soltanto oggi è stato dichiarato negativo, prima era stato soltanto detto che non fosse più infettante. Perché veniva detto questo? A volte il tampone rimane positivo ma con una carica bassissima di virus che quel soggetto non è più infettante e va considerato oggettivamente negativo. Così, quindi, si abbrevia il periodo dell'infezione per un virus che non c'è più".

In una sua intervista riportata da LiberoQuotidiano, lei dice che con le vacanze all'estero si sono importate "alte cariche virali": cosa significa?

"Questa è una cosa importantissima per l'infezione da Covid-19: era stato già visto con i virus della Sars 1 e della Mers. Se un soggetto è infettato da molto virus, cioè se la carica virale è alta, la malattia può essere grave; se un soggetto è infettato da una carica più bassa, la malattia è meno grave. A giugno e prima metà di luglio avevamo un numero di infezioni molto basso: le prime cariche virali forti sono state il 17 luglio da due persone che venivano da un paese dell'est dove l'epidemia non era sotto controllo come da noi. Questi sono stati i primi ad arrivare".

E poi cosa è successo?

"Molti italiani, soprattutto giovani, senza essere informati, sono andati in paesi dove l'infezione non era sotto controllo: si è andati in vacanza nella bellissima Croazia ma lì c'era un'infezione non sotto controllo; sono andati nelle isole spagnole e la Spagna era messa ancora peggio. Poi sono rientrati in Italia e, la Sardegna, che prima era un'isola con 0 contagi in luglio, improvisamente si è trasformata in un focolaio di infezione che hanno riportato l'infezione nelle loro città di origine al loro rientro dalle vacanze, come a Roma, Campania e Lombardia, che hanno visto ulteriormente riattivarsi l'epidemia".

Adesso quali sono le situazioni a rischio?

"C'è la scuola, che comunque sta determinando un numero di infezioni molto piccolo nonostante le preoccupazioni prima che venisse riaperta. Si vede molto di più, però, che i giovani si infettano, non sono sintomatici e portano il virus a casa infettando genitori e nonni".

La carica virale di adesso è più bassa rispetto all'inizio della pandemia?

"Adesso abbiamo sia casi di infezione con carica elevata che casi di infezione con carica bassa, c'è un po' di tutto. Il presidente Berlusconi, uscendo dal San Raffaele, dichiarò che avesse una carica virale altissima. Qualcosa, però, possiamo fare: mentre alcune indicazioni del Dpcm le considero un po' bizzarre come quella delle riunioni in casa, considero corrette le disposizioni sull'uso della mascherina".

In che senso?

"È chiaro che imporre la mascherina all'interno dei luoghi pubblici chiusi vada bene, all'esterno sembrerebbe un'eresia: perché devo portarla se mantengo la distanza da un'altra persona? Io, infatti, ero di questa opinione ma ho cambiato orientamento e adesso, tutto sommato, penso sia una decisione giusta perché il messaggio di mantenere la distanza non è passato tra i giovani: vedere certe scene davanti ai bar di persone ammassate, significa che i giovani non hanno compreso l'importanza di mantenere la distanza. Quindi, se si impone la mascherina, diventa un aspetto educativo.

Quindi, usare la mascherina all'esterno può prevenire un'infezione?

"Se io sono infetto e sto ad un metro e mezzo da lei ed ho una carica virale alta, la mascherina riduce la mia carica ed, anche in questo senso, un ruolo ce l'ha. Faccio sempre l'esempio di quando a scuola, da giovane, si faceva educazione su quando ci si infettava, cosa si dovesse fare e cosa no. Ho sempre avuto che quell'educazione sanitaria ebbe successo tra i giovani perché capirono come comportarsi. Adesso si poteva fare molto di meglio ma non è colpa dei giovani: se nessuno gli ha detto 'non andate a Ibiza', come esempio per indicare quelle zone con alte cariche virali, è chiaro che loro vanno e non hanno colpe".

Cosa dobbiamo augurarci?

"Dobbiamo augurarci che queste misure abbiano successo, non possiamo andare verso un altro lockdown perché sarebbe disastroso, la morte del Paese. Dobbiamo fare di tutto perché questa situazione rientri sotto controllo: in realtà siamo messi molto meglio di altri Paesi, abbiamo ancora un piccolo vantaggio ma dobbiamo mantenerlo. Alla fine faremo i conti".

Possiamo essere ottimisti?

"Ricordo che questa malattia non è più quella di marzo, che era uno spettro terribile e che si pensava fosse quasi una malattia incurabile: adesso abbiamo le terapie, i medici conoscono meglio le fasi della malattia, la mortalità è molto bassa ed il ricorso alle terapie intensive, che stanno aumentando in questi giorni, è molto minore rispetto all'inizio".

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