Cronache

Meglio un bebè vivo con due papà che un bimbo mai venuto alla luce

Giusto polemizzare o almeno dibattere sulla liceità di una speculazione quale quella descritta. Ma sarebbe bene abbassare i toni

Meglio un bebè vivo con due papà che un bimbo mai venuto alla luce

Caro Direttore, con questa lettera non intendo contestare la linea adottata dal tuo (nostro) Giornale sugli uteri in affitto e neppure contaminarla con i miei dubbi. Desidero solamente discutere un punto della questione che mi inquieta e addirittura mi turba. Nicola Porro nell'editoriale di ieri sottolinea il disgusto che molti provano all'idea che sia stata inaugurata una fabbrica redditizia di bambini. In parte lo provo anche io. Aggiungo che certe manipolazioni del corpo umano finalizzate a procreare sono parenti strette della prostituzione. Anzi, sono una sorta di prostituzione allargata e ammantata di scientificità per renderla accettabile, quindi legittima. Però c'è un però. Tutto sommato, la funzione dell'utero in affitto o di proprietà che sia (e mi scuso per l'espressione di tipo commerciale applicata a una materia così tanto delicata) è quella naturale di mettere al mondo un piccolo uomo o una piccola donna. Personalmente preferisco che i bimbi si concepiscano in modo tradizionale, che è ancora più piacevole, se proprio vogliamo essere sinceri. Ma un piccino che si avvii a vedere la luce in un regime di locazione è pur sempre un essere vivente e, come tale, rispettabile. Giusto polemizzare o almeno dibattere sulla liceità di una speculazione quale quella descritta. Ma sarebbe bene abbassare i toni, perché in fondo, e pure in superficie, è meglio un bebè che nasce di uno soppresso a tre mesi (nel ventre materno) quando il suo cuore già batte e il suo corpicino si è formato, al punto da ribellarsi vanamente allorché i ferri del chirurgo lo estraggono. Eppure a questa barbarie non si dà più un gran peso. È stata accettata, legalizzata. So che in alcuni casi l'aborto è il male minore (si fa per dire) e lo si pratica in mancanza di alternativa. Ma è e rimane un orrore a cui ciascuno dovrebbe assistere per capire che si tratta di macelleria. Tant'è che sul referto che accompagna le spoglie verso l'inceneritore si legge: «Residuo organico», quasi che la vittima fosse un foruncolo o un cancro.Si ricorre al linguaggio asettico dei medici per nascondere ipocritamente la realtà, cioè l'omicidio. Un omicidio a cui ci siamo abituati e che non ci scandalizza più. Digeriamo tutto, alla lunga, tranne le novità che provocano fiammate nel momento in cui irrompono nella società, poi l'indignazione si placa e si manda giù ogni rospo. Così sarà anche per il prestito oneroso degli uteri. Nessuno si faccia illusioni.

Sotto il profilo etico, comunque, mi è difficile ritenere, al di là di qualsiasi distinguo tecnico, più gradevole un bambino morto di uno vivo grazie alla cessione in uso (a pagamento) di un organo femminile.Vittorio Feltri

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