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Meloni e l'ipocrisia del "sistema donne"

E adesso che c'è Giorgia Meloni? Alla vigilia del secondo mandato di Sergio Mattarella al Quirinale, il vuotissimo slogan che girava a invocazione era "o una donna, o Mattarella"

Meloni e l'ipocrisia del "sistema donne"

E adesso che c'è Giorgia Meloni? Alla vigilia del secondo mandato di Sergio Mattarella al Quirinale, il vuotissimo slogan che girava a invocazione era «o una donna, o Mattarella». Non ci avevano neppure appiccicato un nome a quel «o una donna». Ma era giusto dirlo, doveroso pronunciarlo, e poi indispensabile passare ad altro, il più in fretta possibile. Perché in fin dei conti, a nessuno interessava davvero giocare quella partita. Tanto che anche quando i nomi erano stati individuati, ed erano i «loro» nomi, «quelli giusti» perché seduti dalla parte corretta del mondo (Marta Cartabia, Anna Finocchiaro, Elisabetta Belloni) comunque non se n'era fatto alcunché. Però lo spauracchio-donna era stato esposto e soprattutto ritirato al momento esatto. Le femministe avevano potuto crogiolarsi nella rassicurante «potenza» di ciò che tanto non sarebbe mai diventato insidioso «atto»: una donna al Quirinale. Pericolo scampato, tormentone intatto: «Le alte cariche dello Stato ci sono inibite».

Poi arriva Giorgia Meloni. E questo è un giorno che apre gli occhi tagliandoli. Perché, come spiega Natalia Aspesi su Repubblica, si è costretti a prendere atto che anche quando una donna c'è, comunque non basta. O non va bene. O non rappresenta tutte. O non è compresa nel ruolo di «Sorella» (tanto che chiama il suo partito «Fratelli» d'Italia»). O non cita abbastanza la parola «donna» nel suo programma. La Aspesi parte dal documento firmato da un gruppo di associazioni femminili che auspicano «un orizzonte politico comune a donne di tutti i partiti», e le mette in guardia dal rischio di illudersi: «La candidata premier ragiona al maschile». Con la Meloni, la causa non fa passi avanti.

Da sempre fanno finta di volere una donna al Quirinale, e adesso che la Meloni può diventare la prima premier donna, non c'è nulla per cui gioire. È molto meglio quando un desiderio rimane sempre fermo nel palato. Perché i conti con la realtà non tornano quasi mai. Tanto per cominciare Giorgia è di destra, poi non è «cipriosamente» concettuale, non veste di lino d'estate e velluto d'inverno, è più sedotta dai fatti che dalle parole. Giorgia è giovane ma gonfia di certezze, ha un ego fin troppo sazio, secondo alcuni ha pretenziosamente chiamato sua figlia Ginevra mostrando un'imperdonabile fragilità nei confronti dei salotti «a numero chiuso». Insomma, è (quasi) arrivata dove nessuna prima di lei, ma i detrattori non mancano. E le donne, quelle che contano, l'hanno già ampiamente avvisata: not in my name. Tutte, ma non tu. O la Santanchè. O qualunque altra di destra

Niente male come dimostrazione del saper far «sistema», come «orizzonte unico». La Meloni sta per accomodarsi nella Storia, sta per mettersi alla guida di un Paese più straziato che abitato e sa già su chi non può contare.

Ma visto che il pragmatismo non le fa difetto, ci auguriamo che saprà ottimizzare anche le defezioni.

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