Coronavirus

Il "modello Londra" regola le due dosi: così cambiano le vaccinazioni

Dopo AstraZeneca, si allungano i tempi della seconda dose anche per Pfizer e Moderna, prevista dopo 42 giorni. Cambia di nuovo la strategia vaccinale ma attenzione a mixare i vaccini

Il "modello Londra" regola le due dosi: così cambiano le vaccinazioni

La Francia "copia" l'Inghilterra e noi copiamo entrambi: per vaccinare più persone possibili, anche per i vaccini ad Rna di Pfizer e Moderna saranno allungati i tempi tra le due dosi. Non più dopo 21 giorni o 28 giorni (nel caso di Moderna) ma 42, in pratica un mese e mezzo dopo la prima.

Ecco il "modello inglese"

In Inghilterra sono già state vaccinate 40 milioni di persone, un numero enorme ma reso possibile soprattutto sul cambio di "politica": non più due dosi ravvicinate ma con un lasso di tempo molto ampio. È così che il bistrattato AstraZeneca viene somministrato addirittura tre mesi dopo la prima dose e lo stesso cambio di passo sta avvenendo anche con i vaccini ad Rna di Pfizer e Moderna. È la Francia la prima a dare l'esempio, come ha spiegato il ministro della Salute Olivier Vèran. "Questo ci consentirà di vaccinare più rapidamente senza ridurre la protezione", si legge su Repubblica, così da poter aspettare l'arrivo di quasi due milioni di nuove dosi e non rallentare la vaccinazione di massa.

Speranza: "Richiamo dopo 42 giorni per allargare la platea"

La stessa cosa accadrà anche da noi? "Aifa ha già espresso un parere in cui dà la possibilità di una seconda dose al 42esimo giorno. Si recuperano due o tre settimane e può essere utile in questa fase. È un passo avanti. Anche se ribadisco che la vera svolta è avere più vaccini: avere 50 milioni permetterà la vera accelerazione", afferma Speranza, che fa capire come questa necessità sia dettata principalmente dal fatto che le categorie più a rischio, gli Over 80, aspettano ancora di ricevere la prima dose. In grave ritardo il Sud, in primis Campania, Calabria e Sicilia. Il successo della campagna vaccinale inglese verte proprio su questo punto: dilatare i tempi, mettere in sicurezza più persone possibili e poi fare il richiamo. Ecco perché la seconda dose di AstraZeneca è slittata a tre mesi dalla prima, contrariamente al parere scientifico ed ai trials clinici condotti diversamente. Però, in questo caso, l'Inghilterra sta avendo ragione: nonostante una dose soltanto, i decessi si sono portati al minimo così come i contati. E da oggi Londra riapre.

Pro e contro di una strategia "diversa"

Inizialmente, però, AstraZeneca era stato "costruito" per fare il richiamo entro il primo mese ma l'emergenza pandemica ed il ritardo delle Big Pharma nel consegnare le dosi ha cambiato le carte in tavola. L'Aifa, come accennava Speranza, ha garantito che per la somministrazione di Vaxzevria va bene l'intervallo temporale "compreso tra 28 ed 84 giorni dalla prima somministrazione" con un'efficacia "dell’82% quando la seconda dose viene somministrata nel corso della dodicesima settimana. Ecco perché AIFA ritiene utile indicare la somministrazione della seconda dose del vaccino Vaxzevria idealmente nel corso della dodicesima settimana e comunque a una distanza di almeno dieci settimane dalla prima dose", come riportano le informazioni sul sito (clicca qui). Insomma, nonostante si sia andati in una direzione diversa dai trials clinici, la strategia per questo vaccino sembra funzionare.

Locatelli: "I presupposti ci sono tutti"

Cosa accadrà, invece, per Pzifer e Moderna? "Ci sono dei dati che indicano come è possibile allungare l'intervallo da 21 a 42 giorni senza perdere l'efficacia della copertura vaccinale. Questo indubitabilmente consente di incrementare il numero delle persone che possono ricevere la prima dose", ha risposto così il presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) Franco Locatelli a l programma "Buongiorno" su Sky TG24 riguardo al vaccino Pfizer. "C'è questo tipo di possibilità di indicazione - ha aggiunto - poi l'attuazione pratica spetta al ministero della Salute con le opportune circolari, però i presupposti immunologici e biologici ci sono tutti". Locatelli non ha parlato di Moderna ma, trattandosi di un vaccino con le stesse caratteristiche di Pfizer, dovrebbe valere lo stesso discorso.

"No seconda dose con vaccino diverso"

Se in questo campo minato la strategia inglese ha fatto scuola e dato i suoi frutti, un grosso errore potrebbe derivare dal somministrare la seconda dose con un vaccino diverso rispetto al primo: la Francia, infatti, ha deciso di "mixare" due dosi diverse per quelli che non vorranno ricevere la seconda di AstraZeneca. È già stato deciso che, per chi ha già ricevuto una prima iniezione di AstraZeneca ed ha meno di 55 anni, sarà offerto un richiamo con un siero a base di Rna (Pfizer o Moderna). E nelle prossime settimane, ha annunciato ieri Véran, chi ha avuto una dose Pfizer potrà avre la seconda con Moderna, o viceversa, a seconda delle disponibilità. "Vogliamo essere ancora più flessibili per essere più efficaci", ha spiegato il ministro francese. Non la pensa così il Prof. Matteo Bassetti, Direttore della clinica di malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, "assolutamente contrario" all'ipotesi di una seconda dose diversa di vaccino, soprattutto Pfizer al posto di Astrazeneca. "Io non capisco la decisione presa dalla Francia, criticata anche dall'Oms. Ha più senso lasciare una dose sola di Astrazeneca. Sono vaccini che hanno meccanismi diversi e agiscono in maniera differente. Io non lo farei mai.

Al massimo se uno ha fatto Pfizer può fare Moderna, ma ad ogni modo non ci sono dati per poterlo supportare", ha spiegato alla trasmissione "Domenica In".

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