Cronache

La moschea che aiuta gli italiani poveri e i profughi

Gli italiani sono alla canna del gas, i profughi alla disperazione più totale. Così l'imam della moschea di Catania li ospita e offre loro cibo e beni di prima necessità

La moschea che aiuta gli italiani poveri e i profughi

Sempre più famiglie italiane si ritrovano a dover fare la fila davanti alle Case della Carità o alle Chiese. Senza vergogna, perché ormai di dignità (in certi casi) ne e' rimasta davvero poca.

Pensate che nel centro storico di Catania, molte famiglie italiane fanno la coda di fronte alla moschea della Misericordia in cerca di aiuti di ogni genere. E così la moschea più grande del Mezzogiorno accoglie davvero tutti. Bangladesi, marocchini, egiziani, somali, senegalesi, italiani e profughi. Proprio così.

Rotto il digiuno e terminata la preghiera per il periodo del Ramadan, a sedersi ai tavoli allestiti per la cena comunitaria ci sono però anche italiani. La moschea della Misericordia e gli spazi del centro islamico sono infatti un riferimento per un quartiere popolato da molte famiglie indigenti, in gran parte italiane. Un elemento di integrazione e interazione sostenuto da diverse associazioni catanesi e capace, grazie a un accordo con il Banco alimentare di Sicilia, di offrire un aiuto continuativo a chi ha bisogno, anche oltre al periodo di Ramadan.

“Al di fuori delle cene per il mese sacro non possiamo offrire da mangiare, non avendo una cucina adeguata”, spiega Abdelhafid Keith, imam della moschea e presidente della comunità islamica di Sicilia. “Abbiamo così deciso di muoverci in altro modo”. L’idea si è concretizzata a ridosso del Natale 2013 ed è cresciuta rapidamente, diventando un servizio stabile a partire dall’estate 2014.

“Abbiamo stretto un accordo con il Banco alimentare che ci consegna parte dei viveri raccolti durante la colletta alimentare nei supermercati: noi prepariamo i pacchi e, due volte al mese, li distribuiamo a chi ne fa richiesta”, racconta Ismail Bouchnafa, direttore del centro islamico annesso alla sala di preghiera. Si tratta di circa 300 famiglie, provenienti soprattutto dallo storico quartiere Civita, un lembo di case basse tra il porto e la via Vittorio Emanuele. “In alcuni periodi siamo arrivati a supportare fino a 500 nuclei familiari: vagliamo le richieste, teniamo un database di chi accede al servizio e inoltriamo poi le liste al Banco alimentare”. Un aiuto fondamentale di cui beneficiano, per l’80 per cento dei casi, famiglie italiane residenti da generazioni in uno dei quartieri più poveri della città.

Per i profughi invece, l'imam spiega che sono ospiti come tutti gli altri e poiché hanno il terrore di essere identificati, a loro non si chiede nulla. L'identità non conta di fronte a questo tipo di aiuto.

Un’ospitalità reciproca che, secondo Abdelhafid Keith, deve essere “al centro della vita di ogni fedele e dell’esperienza del digiuno, che insegna a mettersi nei panni degli altri”. “La nostra moschea è nel cuore della città”, sottolinea l’imam. “Dalla sua apertura, nel 2012, è diventata un luogo di incontro e dialogo, patrimonio di tutti i catanesi”. A confermarlo, seduti alle tavolate per la cena del Ramadan, sono alcuni anziani del quartiere, serviti dai volontari del Centro islamico. Cercano, a gesti, di capirsi con dei giovani siriani, sbarcati da pochi giorni.

Per loro, come le per migliaia di connazionali che li hanno preceduti, la moschea di Catania continua a essere un punto d’appoggio nel lungo viaggio verso il nord Europa.

Commenti