Vendette per 9mila euro il figlioletto di appena sette mesi a una coppia facoltosa del Nord, al via il processo a carico della giovane madre di Torre del Greco, in provincia di Napoli, che con la mediazione di un transessuale ritenuto vicino agli ambienti della camorra, “piazzò” il neonato a una famiglia milanese.
L’agghiacciante caso giudiziario, come ricostruito dai media locali, prende le mosse dai fatti accertati dalla Procura della Repubblica del tribunale di Torre Annunziata nell’aprile del 2014. Qualche mese prima, a settembre del 2013, la giovane aveva partorito. Il compagno intanto era finito in carcere e lei aveva offerto agli uffici dello stato civile del Comune di residenza informazioni fittizie, dichiarando che il neonato era frutto di una relazione extraconiugale e perciò impose al piccolo il suo cognome
Indigente e costretta a una vita difficile, la ragazza cede alle lusinghe di un 56enne napoletano. Questi, già noto alle forze dell’ordine perché accusato in passato di aver “venduto” posti di lavoro truffando i suoi incauti “clienti”, è un transessuale che per gli inquirenti sarebbe vicino agli ambienti della malavita organizzata partenopea. Si offre, il trans, di risolvere il suo problema: c’è una coppia del Nord, residente a Settimo Milanese ma originaria del Mezzogiorno, che potrebbe prendersi cura di quel bambino, dargli un futuro stabile. E per farlo, quella coppia le darà pure 9mila euro. Una somma ridicola, a fronte dell’impossibilità di dare prezzo a una vita umana, specialmente se di un neonato. Ma è una tentazione importante per chi non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena. La 19enne accetta. Lo scambio è fissato e avverrà alla stazione di Napoli, dove consegnerà il neonato ai suoi “nuovi” genitori.
Ma i rimorsi la logorano, la coscienza non le dà tregua. E così si rivolge ai carabinieri a cui racconta una storia farfugliata e inconcludente. E, soprattutto, smentisce ogni complicità nella vendita asserendo di essere stata ingannata dal 56enne. Dice che lei non aveva mai accettato di vendere il bimbo, che il trans l’aveva tradita. Lei era convinta di aver firmato l’atto che affidava il minore al padre naturale, in cambio della “buonuscita”.
Dal processo dovrà venire fuori la verità. La giovane mamma e il mediatore sono accusati di alterazione dello stato civile del piccolo. Rischiano da cinque a quindici anni di carcere.
I genitori “adottivi” sono fuori dal procedimento dato che l’uomo, che aveva dichiarato di essere padre naturale del piccolo, ha patteggiato la pena.Il bambino, che adesso ha tre anni, è ospite di una casa famiglia dell'hinterland napoletano dove attende di essere affidato in adozione.
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