Cronache

Niente riviste porno al 41-bis, il caso finisce in Cassazione

Il caso di un 'ndraghetista ristretto da 10 anni al 41-bis. Il tribunale di sorveglianza aveva concesso la rivista, purché fossero rimosse le parti scritte che potevano veicolare messaggi, ma l'amministrazione ha fatto ricorso in Cassazione

Niente riviste porno al 41-bis, il caso finisce in Cassazione

Ricorso in Cassassione per impedire l'ingresso di riviste porno all'interno del penitenziario: il caso, che ha dell'incredibile, si è verificato nel carcere di Rebibbia (Roma), dove un detenuto al 41-bis ha chiesto di poter ricevere un giornale per adulti, innescando una vera e propria querelle giudiziaria che va avanti da ormai più di un anno.

A riportare la notizia è "Il Tempo", che racconta come il carcerato, un `ndraghetista condannato all'ergastolo e da 10 anni dietro le sbarre, abbia fatto richiesta di avere una rivista porno lo scorso settembre 2019. Il regime 41-bis è molto duro, ed ai condannati viene concessa soltanto un'ora di socializzazione al giorno con altri 4 soggetti che hanno ricevuto la medesima pena. Incontrare qualcun altro è impensabile, e neppure internet può essere d'aiuto, dato che all'interno dei penitenziari non è possibile accedere alla rete e trovare nei meandri del web immagini osè. I detenuti, pertanto, possono solo ricorrere al vecchio sistema delle riviste.

La richiesta del carcerato, tuttavia, era stata inizialmente respinta sia dall'amministrazione carceraria che dal magistrato del tribunale di sorveglianza. Il timore di entrambi gli organi era che la rivista in questione potesse essere utilizzata come tramite per far pervenire al detenuto ristretto al 41-bis messaggi oppure oggetti nascosti. È infatti capitato in passato che giornali o altri elementi cartacei fossero stati utilizzati dai complici dei carcerati per comunicare con i mafiosi rinchiusi all'interno delle strutture penitenziarie. Per questa ragione il tribunale di sorveglianza aveva negato la rivista non riscontrando nella richiesta alcun tipo di necessità correlata al "diritto alla sessualità", quanto piuttosto "un mero interesse alla visione delle immagini non essenziale per l'equilibrio psicofisico". Da qui l'intervento di Lorenzo Tardella, legale che rappresenta il detenuto. L'avvocato ha infatti deciso di presentare ricorso, spiegando che per evitare problemi "basterebbe strappare le pagine di testo e lasciare le immagini". Una motivazione che ha convinto il tribunale di sorveglianza, il quale ad ottobre ha infatti deciso di procedere alla sottoscrizione di un abbonamento ad una rivista pornografica "a spese dell'interessato". Rivista che sarebbe stata consegnata al detenuto solo in seguito a rigorosissimi controlli (con tanto di eliminazione di parti scritte).

Tutto sembrava risolto, ma l'amministrazione carceraria ha deciso di fare a sua volta ricorso, rivolgendosi giorni fa alla corte suprema di Cassazione."Mi pare assurdo togliere a un detenuto persino la possibilità di crearsi un ambiente mentale per la propria sessualità", ha commentato l'avvocato Tardella, come riportato da "Il Tempo"."Per di più trattandosi di persona condannata all'ergastolo e, dunque, con un orizzonte sessuale molto ridotto.

E un'afflizione ingiustificata".

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