C'è un paradosso che solo in Italia poteva diventare regola: quando i salari finalmente risalgono, c'è sempre qualcuno che trova il modo di protestare. E, come da copione, il protagonista non poteva che essere Maurizio Landini, il Che Guevara da scrivania che ogni settimana scopre una nuova causa per dire no. Gaza, Ucraina, armi, pace, clima: tutto va bene per alzare la voce in piazza. Peccato che l'Istat, più severo di mille comizi, questa volta lo abbia messo all'angolo: in Italia le retribuzioni, sebbene ancora sotto i livelli medi europei, crescono più dell'inflazione. Sì, i salari reali sono tornati a salire. Merito di qualche rinnovo contrattuale, dei tagli al cuneo e di una stagione economica che, dopo anni di stallo, si muove. Ma per Landini, evidentemente, la realtà è un fastidio ideologico. Così, mentre Cisl e Uil firmano i primi rinnovi e portano a casa aumenti veri, la Cgil resta fuori dalla porta a sventolare bandiere. I lavoratori aspettano, ma Landini ha la coscienza rivoluzionaria a posto. E dire che il governo ha messo 20 miliardi sul tavolo per i rinnovi pubblici. Ma per Landini il problema non è mai il salario, è la narrativa. Firmare un accordo significherebbe ammettere che con il governo Meloni qualcosa funziona. E questo, per la sinistra sindacale, è più intollerabile del caro vita. Così si arriva all'assurdo: i contratti restano bloccati, 5,6 milioni di lavoratori aspettano da quasi 28 mesi, ma la colpa - secondo il verbo landiniano - è del governo. In realtà, il cerino è tutto suo. Potremmo sbagliarci, ma di questo passo la Cgil rischia di restare sola, trasformata da sindacato dei lavoratori in strumento di agit-prop, dove la protesta vale più del risultato. La Teoria dei Giochi lo chiamerebbe "suicidio strategico". Pur di non concedere un punto politico alla premier, Landini sacrifica i suoi stessi iscritti. Di fatto, a furia di dire no, è riuscito nell'impresa di dichiarare sciopero contro i propri iscritti.
C'è chi difende i salari e chi difende la narrazione. Landini ha scelto la seconda. Il guaio è che la narrazione non si spende dal panettiere. Gli iscritti alla Cgil lo scopriranno presto: la coerenza ideologica, in banca, non dà interessi.