Cronache

Omicidio Meredith, chi è l'unico condannato

Rudy Hermann Guede unico responsabile accertato dell’omicidio di Meredith

Omicidio Meredith, chi è l'unico condannato

Rudy Hermann Guede, che ha già scontato metà della condanna definitiva inflittagli dalla Cassazione per l’omicidio di Meredith Kercher nel 2010, potrebbe entro pochi mesi uscire per la prima volta dal carcere di Viterbo, con un permesso premio. L’ivoriano ha infatti maturato i termini per richiederlo. E quindi, quello che per la giustizia italiana è attualmente l’unico responsabile accertato dell’omicidio di Meredith - anche se in concorso con qualcuno - tra non molto potrebbe iniziare a lasciare le celle del carcere.

Secondo quanto emerge, il detenuto modello Rudy Herman Guede sta studiando molto e si sta impegnando per avere un futuro una volta uscito di galera. Rudy Guede venne bloccato in Germania dove era scappato dopo la morte di Meredith nel novembre del 2007. Il giorno del suo arresto, a Perugia uscì dal carcere Patrick Lumumba, ingiustamente accusato da Amanda Knox. Per giorni prima dell’arresto venne identificato come "il quarto uomo" da polizia e stampa che si occupava del caso. Il cestista ivoriano si è sempre dichiarato innocente.

Secondo i suoi racconti, lui sarebbe stato presente nella villetta di via della Pergola mentre Meredith veniva uccisa, ma si trovava in bagno, con le cuffie dell’I-pod alle orecchie. Quando sentì qualcuno urlare uscì, imbattendosi in due persone: un ragazzo e una ragazza che scappavano via. Con il ragazzo avrebbe anche avuto una colluttazione. Subito dopo avrebbe cercato di soccorrere Meredith ferita e morente tamponandole la ferita con un asciugamano, ma si sarebbe spaventato per il troppo sangue e non avrebbe fatto nulla per lei. Sempre secondo il suo racconto, si trovava a casa di Meredith perché era stata lei stessa ad invitarlo dopo che durante una festa tra loro era nata una simpatia. Prima che andasse in bagno, anzi avrebbe avuto un approccio sessuale con lei. A suo dire, l’esperienza traumatica lo spinse a fuggire da Perugia.

Chi lo ha giudicato ha ritenuto il suo racconto completamente falso e artefatto. Secondo poliziotti e pubblico ministero prima e secondo i giudici poi, Rudy, nel periodo di latitanza all’estero, avrebbe avuto modo di reperire informazioni sull’omicidio e su quanto già la polizia aveva scoperto. Per questo, avrebbe cucito un racconto su misura per spiegare tutto. I tagli sulle mani spiegati con la colluttazione con il presunto omicida di Meredith, le sue tracce biologiche nelle parti intime di Meredith con l’approccio sessuale, la sua impronta palmare insanguinata con il tentativo di salvarla tamponandole la ferita con un asciugamano. Nel febbraio dello scorso anno, poco dopo la condanna di Amanda e Raffaele, Rudy rese pubblica una sua lettera in cui diceva che "chi ha commesso questi terribili fatti è ancora in libertà, che ad oggi purtroppo la verità non è stata ancora raggiunta".

"Mi sono sempre sforzato di dire quello che in quella tragica sera ho visto e sentito senza calunniare nessuno e senza accusare innocenti - scriveva ancora dal carcere di Viterbo -. Gli stessi giudici che non mi hanno voluto credere dicono che io non ho ucciso Meredith, non ho rubato e non ho fatto nessuna simulazione. La verità la deve cercare la giustizia e non io, non ci sarà verità per Meredith finché si parlerà di violenza sessuale, reato che non ho mai commesso e che i medici legali escludono. A malincuore sono costretto a prendere carta e penna e a scrivere solo per amore della verità e di tutte quelle migliaia di persone che ancora credono nella giustizia ma che non possono accedere a tutti gli atti processuali componenti questa triste vicenda giudiziaria estremamente complessa e drammaticamente dolorosa per chi l’ha vissuta.

Fermo restando che la mia condanna è passata in giudicato, da troppo tempo assisto ad una continua e pervicace manipolazione ed alterazione dei dati processuali".

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