Le cinque giornate di Milano. Giorno più giorno meno. Quelle in cui la capitale morale d'Italia deve assolutamente evitare di trasformarsi nella capitale virale. Milano finora è riuscita a tenersi abbastanza alla larga dall'emergenza, che si è manifestata con lugubre virulenza in territori distanti qualche decina di chilometri, come il Lodigiano, inzialmente; e poi le province di Bergamo e Brescia, martirizzate dal Covid-19. A Milano i numeri preoccupano ma non angosciano. Ieri sono stati contabilizzati 279 nuovi casi, per un totale di 1829, un aumento inferiore a quello di venerdì. Ma la guerra è alle porte. Il nemico potrebbe bussare da un giorno all'altro.
E con Milano in guerra i numeri diventerebbero enormi. E la città motore d'Italia potrebbe imballarsi e fondere. Ieri il sindaco Giuseppe Sala ha postato un vibrante videomessaggio sulla sua pagina Facebook per invitare i concittadini a «resistere». «Milano - spiega l'inquilino di Palazzo Marino - non è stata ancora toccata dalla diffusione del virus come altre città. No, non può essere. Immaginate il crollo di una città da 1,4 milioni di abitanti cosa produrrebbe sul sistema sanitario. Sarebbe un disastro». Poi un amarcord. «Abbiamo vissuto anni d'oro, io per consolarmi a volte penso all'Expo. Ora è un momento di difficoltà ma le difficoltà vanno affrontate con coraggio». Infine il momento della gratitudine: «Ringrazio i milanesi che stanno facendo la loro parte, che si stanno comportando bene, a parte alcune eccezioni con comportamenti inaccettabili. L'abbiamo capito, è una maratona, non uno sprint». Una metafora che fa sorridere visto il dibattito sull'opportunità di correre all'aperto oppure no.
Il problema è che l'eccellente rete sanitaria milanese è già sotto stress perché messa a disposizione delle province vicine in difficoltà. Ciò ridurrebbe il margine per mandare in tilt il sistema delle terapie intensive che è la chiave di volta di tutto. Per questo serve che i milanesi collaborino, come suggerisce anche l'infettivologo Massimo Galli, primario del Sacco, in un'intervista a Sky Tg 24: «Stare a casa è fondamentale. Ma se si sta a casa in una situazione in cui le licenze di uscita con cui si possono raggiungere situazioni in cui c'è parecchia gente, come gli ambiti lavorativi, sono numerose e non giustificate, andremo avanti a cerchi concentrici ad avere più infezioni». E sembra riferirsi proprio a Milano Galli quando dice che «c'è molta più gente che ha l'infezione rispetto a quelli che fino ad adesso sono stati registrati e diagnosticati direttamente con il tampone e parte di queste persone o dei loro congiunti è in giro a lavorare senza saperlo neppure».
Milano combatte. Lo fa affaccendandosi per riuscire a ultimare il nuovo ospedale nei padiglioni 1 e 2 della vecchia Fiera di Milano al Portello. Venticinquemila metri quadri messi a disposizione dalla fondazione Fiera Mlano che dovrebbero ospitare trecento malati. Ieri è stato lanciato il sito www.ospedalefieramilano.it che consente ai milanesi di seguire l'avanzamento dei lavori grazie a una webcam, fa da punto di incontro tra l'offerta e la domanda di personale sanitario e da collettore per fare donazioni al fondo costituito lo scorso 18 marzo. «Ritengo che la conoscenza diffusa su un progetto di tale portata, che sarà d'esempio per numerose realtà nel resto del mondo, sia oggi fondamentale per prendere piena consapevolezza della situazione», dice Guido Bertolaso, consulente del presidente della Regione Attilio Fontana per la costruzione dell'ospedale in Fiera.
Un'altra buone notizia arriva dal San Raffaele, dove da domani sarà in funzione la nuova terapia intensiva da campo destinata all'emergenza Covid-19 e interamente finanziata con i 4.323.650 euro raccolti con la campagna lanciata dal rapper Fedez e dalla compagna, l'influencer Chiara Ferragni.
Milano combatte già.
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