Ora globetrotter sempre connessi E già sfiduciati

I millennials sono stati travolti dalla crisi economica e non credono più nel futuro

Ora globetrotter sempre connessi E già sfiduciati

Sono seduti su una catasta di luoghi comuni. Veri o verosimili, ma non facilissimi da maneggiare, a maggior ragione dopo lo tsunami della crisi economica che ha stravolto il tessuto sociale. Sono i ragazzi del 1999 e quelli nati negli anni immediatamente precedenti, insomma la generazione che arriva per la prima volta al voto, a cinque anni dalle ultime elezioni del 2013. Hanno confidenza con la rete, anzi comunicano con antenne che i loro fratelli più grandi nemmeno possedevano. Parlano l'inglese con una fluidità sconosciuta a chi si era affacciato al mondo prima di loro, anche perché il mondo hanno cominciato a girarlo prestissimo: a 15-16 anni. Insieme alle famiglie, ma più spesso da soli, con gli amici, grazie a stage e vacanze programmati con la scuola, o con l'Erasmus per chi è già all'università. Soprattutto, salendo a bordo dei voli low cost che hanno rivoluzionato - come e più di internet - le prospettive dei nostri figli e li hanno trasformati in globetrotter instancabili. Risultato: fidanzamenti e relazioni sentimentali in Spagna, in Francia, un po' ovunque in un'Europa diventata, per loro, piccola come un cortile. Pennellate e semplificazioni per un universo meno inquadrabile e più fragile e frammentato di quello formato da chi è nato fra gli anni Ottanta e i primi Novanta. In teoria, ma solo in teoria, i ragazzi del '99 sono l' ultimo spicchio dei millennial che, per William Strauss e Neil Howe, sono quelli venuti al mondo fra il 1982 e il 2001. Ma Strauss e Howe raccontano la società americana, l'Italia ha tratti specifici e ha attraversato con modalità proprie le convulsioni innescate dal fallimento di Lehman Brothers. «I rampolli della borghesia italiana - spiega Francesco Alberoni, guru della sociologia tricolore - studiano spesso all'estero, se appena hanno i mezzi per emigrare anche temporaneamente; se invece rimangono in Italia lavorano per mantenersi o meglio per dare un contributo ai genitori. O ancora cominciano con occupazioni saltuarie e cosi si pagano un corso o un master fuori, poi rientrano. Subiscono l'influenza dei padri e delle madri, ma con il tempo il distacco cresce».

Il problema però è un altro: il disastro dell'ultimo decennio, l'impennata impressionante della povertà e l'aumento esponenziale della disoccupazione hanno incrinato certezze consolidate e scomposto la borghesia, nelle sue infinite gradazioni. «Se scendiamo nella scala sociale - prosegue Alberoni - ecco davanti a noi moltissimi giovani che non credono più nel futuro, scoraggiati, sfiduciati, senza l'ottimismo magari ingenuo dei loro padri». Giovani che non riescono ad arpionare un impiego decente e che non hanno le risorse per continuare gli studi ad alto livello. «In generale - conclude Alberoni - gli under trenta sono calamitati dalle sirene del grillismo che si presenta come il nuovo».

Il mito della decrescita felice, la lotta contro le presunte oligarchie corrotte, il no alle grandi opere. È fin troppo facile pensare che molti diciottenni o non andranno alle urne o seguiranno il verbo M5s. Per pentirsi magari al giro successivo.

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