Ora è scontro generazionale: quanto è dura essere giovani?

La caccia all'untore sui ragazzi che vanno in vacanza è l'ultima pagina di uno scontro generazionale che sta caratterizzando l'emergenza Covid

Ora è scontro generazionale: quanto è dura essere giovani?

Il blocco delle discoteche sposta l'emergenza Covid su un altro piano: lo scontro generazionale. Di fatto nelle ultime settimane i ragazzi tra i 18 e i 30 anni vengono messi nel mirino e trattati come untori. E a seguire questa linea comunicativa piuttosto pericolosa è proprio il governo che col ministro Roberto Speranza si è prodigato in appelli e richiami proprio sulla fascia verde del Paese: "Capisco che c'è volontà di uscire, di vivere dopo i mesi di lockdown -sottolinea il ministro della Salute- ma se contagiano genitori o nonni rischiano di produrre un danno reale. Al momento abbiamo lasciato tre regole fondamentali, che valgono per i giovani ma valgono per tutti: indossare la mascherina, obbligatoria al chiuso ma va indossata anche all'aperto se c'è il rischio di incrociare altre persone; il distanziamento di un metro; lavarsi le mani". Parole chiare che hanno messo sotto minaccia di "possibili chiusure" i luoghi di ritrovo dei ragazzi. Il caso della turista italiana intervistata al Tg1 che nega la presenza del Covid è emblematico. La ragazza è stata attaccata sui social. Probabilmente è scivolata su un eccesso di superficialità nell'affermare quelle parole, ma vanno contestualizzate. La ragazza, come tanti giovani italiani, si trovava in vacanza all'estero, in Croazia, in una locale a ballare. E probabilmente ha voluto scacciare via i pensieri di un nuovo lockdown lì da venire. In pochi ad esempio hanno sottolineato che la stessa ragazza, nel corso dell'intervista indossava una mascherina. Ciò non toglie la gravità di quanto affermato, ma di certo non si può imputare alla protagonista di questa vicenda di non rispettare le regole anti-Covid e di non indossare i dispositivi di sicurezza.

Ma lasciando da parte per un attimo il singolo caso, è doveroso sottolineare come la retorica anti-giovani che da qualche giorno su certa stampa italiana sta trovando spazio sia abbastanza miope. Va ricordato che i nostri ragazzi in questi mesi hanno fatto i conti con una realtà del tutto nuova. Chiusi in casa per intere settimane. Vita scolastica e universitaria stravolta. Maturità con mascherina davanti ai docenti e lauree rinviate a proclamazioni estive. Gli effetti di un lockdown di ferro sono questi: una sorta di bolla di "vita" repressa che è esplosa con l'arrivo dell'estate. I giovani hanno fatto le valigie e si sono messi in viaggio per regalarsi quella spensieratezza che a 20 anni più che un diritto è forse un dovere. Una spensieratezza che si declina in serate in disco o in lunghe chiacchierate con gli amici davanti a un bar. E il tutto senza commettere alcun reato se non quello di riacciuffare un pezzo di esistenza che una pandemia ha provato e cerca tutt'ora di portare via loro. In questa direzione sono chiare ad esempio le parole di Vittorio Sgarbi che all'Adnkronos ha commentato così l'incremento dei nuovi contagi: "Dopo mesi di incubo per la chiusura in casa -spiega il critico d'arte- è normale ed è un bene che la gente si sfoghi al mare e vada al ristorante, perché andare in città e visitare un museo e un po' come rimanere chiusi in casa. Io stesso in questi giorni non vado a visitare musei, psicologicamente è normale che dopo la chiusura si cerca l'apertura". Va ribadito con forza che ogni precauzione per evitare il contagio va adottata in modo serio: dalle mascherine ai gel igienizzanti fino al lavarsi le mani. Ma queste sono regole che valgono per tutti. E non solo per i ragazzi che in questa calda estate vengono definiti "untori". La storia di una 18enne di Padova rientrata dalla Croazia fa capire quanto sia debole il confine tra giovinezza e responsabilità sociale da mascherina. Dopo essere tornata da casa dalla vacanza, la studentessa si è scoperta positiva. I genitori e gli amici (tutti negativi) hanno però dovuto osservare un periodo di isolamento. Le parole con cui questa ragazza ha descritto la sua vacanza in tempi normali non farebbero nemmeno notizia: "Saremo stati complessivamente un centinaio suddivisi su due pullman, c’erano ragazzi della nostra età di regioni diverse. Ogni giorno c’erano delle attività organizzate in discoteca o in spiaggia e la sera si andava a ballare: era all’ aperto, quindi abbiamo creduto non servisse la mascherina". Poi il senso di colpa: "Mi dispiace per la mia famiglia e gli amici che ho visto al rientro. Mi sento in colpa per averli messi in questa situazione. Sono tutti negativi ma devono restare in isolamento 14 giorni e non faranno le vacanze". Parole che fanno riflettere.

Ma al di là della negligenza nel non indossare la mascherina, quanto è dura, oggi, essere giovani? La dolce vita della maturità e dei primi anni universitari diventa una colpa da sanzionare a colpi di mascherina. E di moralismo spicciolo...

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