Coronavirus

Palù: "Basta con l’isteria il 95% dei positivi è asintomatico"

Il professore ha spiegato che l’unico numero davvero importante è quello relativo ai pazienti in terapia intensiva

Palù: "Basta con l’isteria il 95% dei positivi è asintomatico"

Giorgio Palù, professore emerito dell’Università di Padova ed ex-presidente della Società italiana ed europea di Virologia, ha fatto il punto sulla situazione che stiamo vivendo adesso in Italia. Intervistato dal Corriere, si è soffermato sui numeri che ogni giorno leggiamo sui giornali e ascoltiamo in televisione. Numeri angoscianti se non opportunamente spiegati. Il fatto che siamo di fronte a una seconda ondata della pandemia è affermato anche dall’esperto, che ha inoltre spiegato che il virus non si è mai fermato. Nonostante questa estate lo avessimo pensato un po’ tutti, grazie all’aria aperta e ai reggi del sole che inibiscono il coronavirus. C’è però anche tanto allarmismo. Con il ritorno dalle ferie e la riapertura di attività e strutture scolastiche la situazione è cambiata. I numeri sono man mano aumentati sempre di più.

Il 95% dei positivi è asintomatico

Palù ha iniziato parlando di casi, riferendosi alle persone risultate positive al tampone. “Fra questi, il 95 per cento non ha sintomi e quindi non si può definire malato, punto primo. Punto secondo: è certo che queste persone sono state contagiate, cioè sono venute a contatto con il virus, ma non è detto che siano contagiose, cioè che possano trasmettere il virus ad altri. Potrebbero farlo se avessero una carica virale alta, ma al momento, con i test a disposizione, non è possibile stabilirlo in tempi utili per evitare i contagi” ha spiegato il professore, precisando anche che questi soggetti potrebbero avere in sé una carica virale bassa.

Ovvero, potrebbero essere portatori di un ceppo del virus meno aggressivo o presentare solo frammenti genetici, che vengono sì rilevati attraverso i test ma che non possono contagiare le altre persone.

Come comportarsi quindi con persone positive al tampone, asintomatiche, che potrebbero, ma non si sa in quale percentuale, contagiare le altre? Secondo il virologo, nel momento in cui viene individuato un cluster, ossia, quando un soggetto positivo è venuto in contatto con altre persone, a scuola, sul lavoro o nell’ambito familiare, tutti dovrebbero fare il tampone. Palù ha spiegato quale è il numero davvero importante da tenere sotto controllo: “Quello che veramente conta è sapere quante persone arrivano in terapia intensiva: è questo numero che dà la reale dimensione della gravità della situazione. In ogni caso questo virus ha una letalità relativamente bassa, può uccidere, ma non è la peste”.

Palù: "Porre un freno all'isteria"

L’impennata improvvisa sarebbe secondo quanto asserito dal professore, da attribuire alla riapertura delle scuole. Non tanto la struttura scolastica vera e propria, quanto i mezzi pubblici utilizzati dagli studenti, circa 8 milioni, per raggiungerla. Indispensabile comunque mantenere aperte le scuole.

E su un possibile lock-down nazionale si è detto assolutamente contrario sia come cittadino che come scienziato. Nel primo caso perché lo vede come un suicidio per l’economia. Mentre nel secondo “perché penalizzerebbe l’educazione dei giovani, che sono il nostro futuro, e come medico perché vorrebbe dire che malati, affetti da altre patologie, specialmente tumori, non avrebbero accesso alle cure. Tutto questo a fronte di una malattia, la Covid-19, che, tutto sommato ha una bassa letalità. Cioè non è così mortale. Dobbiamo porre un freno a questa isteria”.

In ospedale devono essere ricoverati i pazienti che hanno sintomi gravi, come la polmonite. Ma capita che anche coloro che manifestano disturbi lievi vengano ospedalizzati, questo perché non hanno la possibilità di restare in isolamento nella propria casa, magari perché soli o rischiano di contagiare altri familiari. O anche perché una casa non ce l’hanno. Il professor Palù ha infine parlato dell’assistenza domiciliare alle persone positive, spiegando che “se ne dovrebbero occupare i medici di famiglia, ma non esistono regole e protocolli che li orientino nella scelta delle terapie.

Sono lasciati soli”.

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