"Mi hanno strappato la bimba dopo una caduta dall'ovetto"

“Quando io e mia moglie abbiamo scoperto il caso di Bibbiano ci siamo rivisti. E secondo me lo scopo era lo stesso: portarci via la piccola”

"Mi hanno strappato la bimba dopo una caduta dall'ovetto"

A soli 40 giorni dalla sua nascita, una bambina è stata allontanata dai propri genitori e affidata ai servizi sociali. Secondo l’ospedale e gli assistenti sociali la piccola sarebbe stata maltrattata, picchiata e drogata. In realtà, sarebbe solamente caduta dall’ovetto.

Quella di Anna e Marco è l’ennesima storia di sospetti ingiustificati e accuse infondate nei confronti di genitori che si dicono innocenti. A sostenerlo è la relazione del magistrato e del giudice del Tribunale dei Minori che, dopo le verifiche, hanno scagionato i genitori e dichiarato che le accuse erano del tutto immotivate. Frutto di un "eccesso di sospettosità" da parte dei medici che avevano segnalato la situazione della bimba.

“Quando io e mia moglie abbiamo scoperto il caso di Bibbiano ci siamo rivisti. E secondo me lo scopo era lo stesso: portarci via la piccola” spiega Paolo a LaVerità.

La loro storia inizia il 24 febbraio del 2016. I due genitori che vivono a Spinea, un piccolo comune del Veneto, decidono di portare la loro bambina di appena un mese al pronto soccorso dopo una brutta caduta. La piccina era scivolata dall’ovetto e si era tagliata la lingua. Dal pronto soccorso di Mirano, viene trasferita all’ospedale di Padova dove, i medici, avrebbero dovuto curare la ferita. Ma da quel giorno per Anna e Marco inizia l’inferno. “Abbiamo vissuto un incubo” racconta il papà. Al pronto soccorso la bambina viene sottoposta ad una lunga serie di test ed esami. I medici vogliono accertare maltrattamenti da parte dei genitori. Violenze, che non sono mai avvenute. La relazione del perito, incaricato dal pm, sostiene, infatti, che la ferita alla lingua è compatibile con la caduta dall’ovetto. Mamma Anna uscendo di casa non aveva agganciato bene la stringa del trasportino e la bimba era scivolata a terra battendo il mento.

“Quando siamo arrivati in ospedale hanno iniziato a farci domande, a sottoporla ad esami. Ma per giorni nessuno ci ha spiegato che stavano sospettando maltrattamenti da parte nostra. L' hanno operata e solo a distanza di tempo ci hanno consigliato di spostarla in un altro reparto con la scusa che dovevano controllarla meglio. In realtà quello era un posto per bambini maltrattati. Ci hanno raccontato un sacco di bugie” racconta il papà. E infine il sospetto della droga. I medici decidono di sottoporre la neonata al test tossicologico, richiedendo a quel corpicino appena venuto al mondo, di sopportare persino il peso di un’anestesia. La bambina risulta negativa. “Poi siccome mia moglie aveva preso un’antidolorifico è venuta fuori la storia della cocaina.” Dice il papà. Anna aveva assunto un farmaco oppiaceo antidolorifico e la bambina era risultata positiva alla cocaina, ma le tracce di droga nell’organismo della piccola erano così basse da escluderne qualsiasi assunzione.

Nel frattempo i genitori soffrono, e sopratutto non riescono a capire che cosa stia succedendo. Perchè quello strano sposamento di reparto e cosa dovevano fare ancora i medici alla bimba in tutto quel tempo? A loro, nessuno dava spiegazioni. “Continuavano a non dirci nulla, a fare esami tenendoci all' oscuro. Solo il decreto del tribunale di Venezia ci ha messo al corrente di ciò che stavano tramando.” Paolo, ancora oggi, è pieno di rabbia per ciò che lui e sua moglie hanno dovuto subire. “È giusto che i bimbi vengano tutelati, ma non così. Nessun medico deve sostituirsi a un giudice. Se avevano sospettato maltrattamenti avrebbero dovuto limitarsi a fare una segnalazione immediata. Questo comportamento è stato giudicato come un "eccesso di sospettosità" ma per noi è stato qualcosa di ingiustificabile, un abuso di potere”.

Il tribunale decide di togliere la patria potestà ai genitori e affidare la bambina ai servizi sociali. La piccola viene spedita in una casa famiglia assieme alla mamma, che doveva stare con lei per via dell’allattamento. “Ci hanno tenuti come ostaggi in ospedale e anche dopo. Potevo vedere mia figlia solo due ore a settimana. Poi loro sono state allontanate da casa. Una famiglia distrutta.”

Ma perchè far vivere quest’odissea a due persone innocenti? Per Paolo, non ci sono dubbi, secondo lui, la bambina volevano portargliela via. “Non ci sono riusciti perché io sono rimasto lucido, e perché abbiamo avuto l' aiuto di genitori, di parenti e amici, persino del prete, oltre ai nostri avvocati Matteo Mion e Fiorenza Tomat. Diversamente non so come sarebbe finita”.

Dopo qualche mese il giudice fa cadere le accuse nei confronti dei genitori e ordina che la mamma e sua figlia tornino a vivere nella loro casa con il papà. Adesso Anna e Paolo portano avanti una causa contro l’ospedale, ma al momento l’Ausl fa forza nel braccio di ferro. Nessun tavolo di tribunale cancellerà mai il dolore di quei mesi dalla testa dei genitori, quello che loro chiedono oggi è solo che qualcuno risarcisca i danni economici. “Andremo fino in fondo per farci risarcire almeno economicamente. Fra perizie, avvocati e psicologi, questo errore ci è costato tanto”. Spiega Paolo. Ma questo non basterà a cancellare tutto e il papà lo sa.

“Personalmente non riesco più ad entrare all' ospedale di Padova, temo sarà così per sempre. Ora vogliamo solo dimenticare”. Dimenticare anni di sofferenze, bugie, soprusi, anni passati ad affrontare la paura più grande, quella di vedersi portare via un figlio.

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