Cronache

Parte la carica dei figli d'arte col Post (fisso) Internazionale

Vantano cognomi noti, cursus honorum in prestigiose università all'estero e hanno fondato un giornale on line per raccontare il mondo. Con la benedizione di Saviano

Parte la carica dei figli d'arte col Post (fisso) Internazionale

C'è una nuova luce a rischiarare il tetro panorama dell'informazione web. Chi l'avrebbe mai immaginato che un solo sito potesse raccogliere tante grandi firme: Lerner, Mentana, Bettiza. Ad animare le sofisticate analisi di The Post Internazionale sono tutti cognomi che pesano nel giornalismo italiano. Sono i nomi che pesano un po' meno: Mentana è Stefano, non Enrico. Lerner è Davide, non Gad. E Bettiza è Sofia, non Enzo. Tutti e tre «figli di», tutti e tre lavorano al sito creato e diretto da Giulio Gambino che, per cambiare, non è figlio di cotanto padre, ma nipote: di Antonio Gambino, cofondatore dell' Espresso .

In Rete è già un piccolo caso. Non per gli scoop, ma per aver un invidiabile endorsement di Roberto Saviano, che ha annunciato a modo suo di aver avviato una sorta di collaborazione col sito perché «mi piace dare visibilità alla passione di giovani giornalisti» e che, ha detto lo scrittore, riportano «i fatti dal mondo attraverso il lavoro di reporter italiani che si trovano sul campo e raccontano storie di prima mano senza rimasticare agenzie». Su questa affermazione però il web si è scatenato. Il blogger e presentatore radio e tv Matteo Bordone ha innanzitutto fatto notare che il nome del sito mette insieme, per altro in modo un po' cacofonico, due testate già esistenti e molto cliccate, Il Post di Luca Sofri e Internazionale . Per Bordone ha tutta l'aria di una furbata per sfruttare, nelle ricerche su Google, la fama delle due testate: «Si chiama Seo, ottimizzazione del motore di ricerca, ma fra le tecniche consentite non c'è il furto multiplo di nome», scrive Bordone. Ma non è tutto, anche altri blogger hanno notato alcune coincidenze di stile e di titoli con il Post . Luca Sofri non fa polemica ma ammette: «In effetti in passato qualche lettore ci ha segnalato coincidenze e anche la pubblicazione di una traduzione di un articolo straniero. Che però noi avevamo pagato».

Bordone è anche andato a cercare in Rete l'origine di un reportage sulle donne Tuareg di The Post Internazionale rilanciato da Saviano (il quale non pare scrivere per il sito ma solo riportarne i link sulla propria pagina Facebook da 2,1 milioni di like, vetrina invidiabile per dei «giovani reporter»): l'articolo assomiglia pericolosamente a un pezzo del Daily Mail , il più trash dei tabloid inglesi. La testata stessa del sito, inclusa un rettangolo rosso, sembra parente stretta di quella dell' Economist , cui Gambino dichiarò di ispirarsi. E visto come funziona l'informazione sul web, non sarebbe neanche uno scandalo, se non se la tirassero da reporter cosmopoliti.

Il gruppo, pur essendo un parto dei più classici salotti della Roma «de sinistra», non si sforza di piacere a un pubblico proletario. I seriosi curriculum sembrano il tabellone di un aeroporto: non ce n'è uno che non vanti studi all'estero nelle scuole più prestigiose. Saviano racconta di aver conosciuto Gambino alla prestigiosa «Columbia university», dove il giovane approda dopo una bocciatura al liceo Visconti e «due anni sabbatici» a Londra. Ci sono tanti altri cognomi noti e più di uno con un'unica esperienza precedente: «Ha collaborato con l' Espresso ». In vari articoli e perfino in un libro, il sito è raccontato come «coraggiosa start up ». Ma ha sede in pieno centro a Roma ed è stata tenuta a battesimo da Eugenio Scalfari e Luigi Caracciolo. E vanta una rubrica su Radio2 . In un programma il cui presentatore collabora al sito. Ed è figlio di illustre giornalista. Per la serie, non ci serve il posto fisso, basta un Post fisso.

di Giuseppe Marino

Roma

Commenti