Matteo Salvini, in un'intervista rilasciata ieri a Repubblica, ha detto che mai tornerà a un'elezione politica con il vecchio centrodestra perché «ho dato la mia parola a Di Maio e perché intendo rispettare la parola data ai cittadini». Ovviamente il leader della Lega è libero di pensare e dire ciò che meglio crede, non di prendere per i fondelli i milioni di italiani del «vecchio centrodestra», non solo i leghisti, che il 4 marzo scorso lo hanno votato direttamente o indirettamente. Vale di più il patto con gli elettori o quello, privato, con il leader di uno schieramento rivale che in campagna elettorale lo aveva definito «razzista e ladro»?
Che Salvini preferisca continuare a fare il circo con i gatti per di più azzoppati e quindi a maggior ragione mansueti - invece che con le tigri è comprensibile, ma non ci parli di «patti». Il patto che lui ha fatto con gli italiani, e che sarebbe tenuto a rispettare pena l'onore, prevedeva la flat tax (morta), la Tav (morta), l'autonomia del Nord (morta), la revisione della legittima difesa (morta ieri per fare un piacere al povero Di Maio in difficoltà coi suoi), l'abolizione delle accise sulla benzina nel primo Consiglio dei ministri (morta) e tante altre belle cose che hanno fatto della «vecchia coalizione» il raggruppamento più votato alle Politiche e ancora oggi alle Regionali.
Possibile che l'unico patto che intende rispettare sia quello con Di Maio? Viene il dubbio che Salvini tenga bordone ai Cinque Stelle pur di rimanere sulla prestigiosa poltrona di ministro dell'Interno e decidere le nomine dove girano soldi e potere. Si accomodi, ne ha facoltà, ovviamente. Ma non sputi su un'alleanza che gli ha permesso di crescere al caldo, di governare importanti Regioni e di trattare con Di Maio da una posizione di forza superiore alla sua.
Se, viceversa, Salvini stesse facendo e dicendo tutto questo per accompagnare delicatamente Di Maio alla porta, allora buon lavoro. Ma si ricordi che anche in questo caso un domani avrà bisogno di un alleato con cui ricominciare e che le parole dette oggi potrebbero rivelarsi un boomerang domani.
E avrà bisogno pure di elettori disposti a passare sopra al fatto che la legittima difesa, così come l'autonomia, lui le ha concesse a Di Maio invece che a chi - come da patto elettorale - si ritrova i ladri in casa e, al Nord, oppresso dalle tasse.
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