Cronache

Quel patto nel suv dopo il massacro "Non una parola sulle botte a Willy"

Belleggia ha giurato di non aver mai toccato Willy Monteiro Duarte. Tre testimoni lo avrebbero però riconosciuto

Quel patto nel suv dopo il massacro "Non una parola sulle botte a Willy"

Francesco Belleggia ha fin da subito giurato di non aver mai toccato Willy Monteiro Duarte. Anche all’interno del carcere romano di Rebibbia, al cospetto dei suoi legali, gli avvocati Vito e Lucio Perugini, prima che gli venissero dati i domiciliari, l’uomo ha sempre affermato: “Non l'ho toccato! Giuro che non l'ho toccato!”. Tre testimoni però lo avrebbero riconosciuto. Non vi sarebbe ombra di dubbio, visto che Belleggia sarebbe stato notato proprio a causa del gesso al braccio. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, quella tragica notte il giovane sarebbe arrivato a Colleferro in compagnia di un amico per bere qualcosa, poi sarebbe ritornato ad Artena, dove vive, a bordo dell'Audi Q7 nera dei fratelli Bianchi, Marco e Gabriele.

Il patto del silenzio

Durante il tragitto, durato circa quindici minuti, proprio i due inseparabili fratelli avrebbero stretto un patto con Belleggia e altre tre persone presenti nella vettura. Una specie di patto del silenzio, con l’accordo di non rivelare nulla di quanto avvenuto quella notte e dare agli inquirenti una versione dei fatti per tutti uguale. Solo Mario Pincarelli, come pattuito, sarebbe dovuto risultare responsabile della morte del 21enne. Come scritto nell’ordinanza di convalida dell’arresto dal Gip Giuseppe Boccarrato, “l'indagato Francesco Belleggia riferiva che i due fratelli Bianchi gli avevano consigliato di mantenere il silenzio sulle loro condotte”. Anche se, del consiglio sembra avesse ben poco. I due fratelli, chaiamati gemelli proprio perché inseparabili, sono ben noti per il timore che incutono ad amici e conoscenti. Il patto segreto, o che tale avrebbe dovuto restare, è stato però rotto dal Belleggia. Il ragazzo ha infatti raccontato tutto agli inquirenti, affermando anche di aver visto Marco Bianchi dare un calcio “diretto sul petto di Willy”. Il 21enne sarebbe quindi caduto all’indietro sulla vettura. A quel punto, Gabriele Bianchi sarebbe andato contro l’amico di Willy picchiandolo. Forse le azioni dei due fratelli sono state invertite nella confusione del momento.

Solo Belleggia ha rotto la promessa

Gli altri ragazzi appartenenti al gruppo che ha stretto il patto del silenzio, come da accordi presi hanno invece continuato ad accusare solo Pincarelli. A differenza di Francesco Belleggia, 23enne con in tasca un diploma da geometra e il sogno di entrare nell’Arma. Il giovane vive con il padre, operaio, e la madre casalinga. Sarebbe impegnato in una relazione sentimentale con una ragazza di nome Martina. Quella terribile notte Belleggia si trovava in un ristopub a bere con Pincarelli, un suo ex compagno di scuola, non un amico, come sottolineato dallo stesso Belleggia. Ubriaco, Pincarelli avrebbe fatto commenti pesanti nei confronti di Azzurra, la ragazza di uno del gruppo di Colleferro. Belleggia sarebbe quindi andato a scusarsi per il comportamento del suo pseudo amico. Qualcosa però avrebbe scatenato la rissa portando il 23enne a dare un pugno in faccia all’amico del fidanzato di Azzurra, Federico Zurma. Belleggia avrebbe solo reagito, come lui stesso ha detto. Alcuni testimoni avrebbero però asserito che il 23enne, pur scusandosi, avrebbe continuato a spingere violentemente il ragazzo fino al parco, dove poi Willy è stato aggredito mortalmente.

“Le dichiarazioni rese da tre testimoni (due amici di Willy e una ragazza presente per caso sul posto) consentono di apprezzare anche a suo carico gravi e precisi indizi di colpevolezza per il reato cui si procede”. Il reato in questione è l’omicidio del 21enne intervenuto solo per aiutare un amico. Belleggia ha lasciato il carcere e si trova ora ai domiciliari. Secondo il gip infatti, è stato l'unico a dire la verità durante gli interrogatori di garanzia. Per questo motivo il giudice per le indagini preliminari, pur sottolineando il rischio di reiterazione di condotte criminali analoghe, l'ha fatto uscire dal carcere mandandolo ai domiciliari.

Gli altri tre accusati restano invece dietro le sbarre.

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