"Perché il trattamento vada a buon fine, deve funzionare un combinato di tre fattori"

Il 38enne era finito in terapia intensiva il 20 febbraio. È stato il primo paziente italiano a svelare il coronavirus. Ora è fuori dalla rianimazione ed è "in via di guarigione". Ecco cosa ci insegna il suo caso

"Perché il trattamento vada a buon fine, deve funzionare un combinato di tre fattori"

Dal virus Covid-19 si può guarire. È questo che ci sta insegnando il "paziente uno", il 38enne trasferito in terapia intensiva in condizioni gravissime il 20 febbraio. Ma il suo caso dà anche informazioni sull'evoluzione del percorso di guarigione.

Mattia è stato il primo italiano a svelare la malattia nel nostro Paese e, dopo 18 giorni, ieri, è uscito dalla rianimazione. Non ha più nessun tubo per respirare ed è stato trasferito in terapia sub-intensiva: ora "respira autonomamente con un po' di ossigeno". I medici sperano di trasferirlo in un reparto medico il prima possibile e poi a casa. Francesco Mojoli, responsabile di terapia intensiva al Policlinico San Matteo di Pavia, dove il 38enne è arrivato da Codogno, ripercorre il "lungo" percorso che ha portato Mattia fuori dalla rianimazione: "è arrivato in condizioni estremamente gravi da noi. Nei giorni successivi ci siamo spesi per stabilizzarlo e lui è rimasto in condizioni critiche per parecchi giorni", dice il medico ad AdnKronos.

È Mojoli, che insieme all'infettivologo Raffaele Bruno, spiega l'insegnamento lasciato dal "paziente uno". Il messaggio, "è che questo nuovo virus può colpire anche persone giovani, e anche con forme molto severe". Nessuno, quindi, può ritenersi immune dal coronavirus. Secondo i dati riportati dal Corriere della Sera, in Lombardia, la regione italiana più colpita dall'epidemia, sui 440 pazienti ricoverati in gravi condizioni, l'8% avrebbe tra i 25 e i 49 anni, il 33% tra i 50 e i 64 anni, il 37% tra i 65 e i 74 e il 22% oltre i 75 anni.

Ma Mattia insegna anche che "essere giovani e non avere comorbidità rende più facile superare questa prova con i trattamenti adeguati". I giovani, infatti, sopportano meglio i cocktail di farmaci alla base della terapia sperimentale prevista contro il coronavirus. Mojoli e Bruno spiegano al Corriere della Sera che il trattamento può funzionare se la combinazione di tre fattori va a buon fine: si tratta delle terapie vitali, come alimentazione e idratazione, del cocktail di farmaci e dell'assenza di complicanze successive. Il percorso del "paziente uno" indica che l'assenza di altre patologie può essere determinante nell'evoluzione della cura e nella guairgione del paziente. Inoltre, in un paziente giovane e atletico è più difficile che insorgano complicanze ad altri organi.

Per i medici, il percorso di Mattia è un "segnale di come evolve il virus": prima il rapido peggioramento, seguito da una lunga fase di stabilizazione, poi il lento miglioramento.

Il 38enne "èil simbolo del fatto che dal Coronavirus si può guarire, anche se in condizioni gravissime", hanno spiegato i medici, aggiungendo: "Per noi tutti i pazienti sono come il 'paziente Uno'".

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