Cronache

"Pentiti muoiano abbruciati": 5 denunciati, tra cui 2 minorenni

Dopo il rogo in piazza di un manichino con un cappello delle forze dell'ordine e la scritta "Così devono morire i pentiti: abbruciati", un'operazione congiunta delle forze dell'ordine ha portato alla denuncia di cinque persone, tra cui due minorenni

 "Pentiti muoiano abbruciati": 5 denunciati, tra cui 2 minorenni

Francesco Imparato, Antonio Artuso e Daniele Amendola. Sono tre delle cinque persone denunciate a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, per istigazione a delinquere con l'aggravante delle finalità mafiose. Con loro anche due minorenni: il gip del tribunale di Napoli ha deciso per tutti e cinque il divieto di dimora all'interno della Regione Campania. La misura cautelare è legata al rogo di una catasta di legno con un fantoccio impiccatoe un cartello dal contenuto inquietante: "Così devono morire i pentiti: abbruciati". I fatti risalgono allo scorso 8 dicembre, giorno della festa dell'Immacolata che a Castellammare di Stabia, all'interno del rione Savorito, era stata celebrata con una grave minaccia di stampo camorristico.

Le indagini, iniziate subito dopo e durate tre mesi, hanno incastrato cinque persone vicine ai clan che aveva issato su una pira cassette e rami di legno per inscenare il tradizionale "fuocaracchio". Sopra la catasta di tronchi, però, un manichino di pezza con un cappello in uso alle forze dell'ordine e uno striscione con la scritta contro i pentiti. Oltre a Imparato, Artuso e Amendola, coinvolti due minorenni per i quali sono ancora in corso indagini coordinate dalla Procura della Repubblica dei Minorenni di Napoli.

L'episodio era avvenuto nel quartiere della periferia di Castellammare noto come Aranciata Faito, zona abitata dalla famiglia Imparato, meglio noti come i Paglialoni, fiancheggiatori del clan D'Alessandro.

L'intenzione era quella di dare un messaggio intimidatorio ai collaboratori di giustizia e di sostegno e solidarietà verso il clan D'Alessandro, colpito pochi giorni prima da una misura cautelare eseguita dalla polizia per aver commesso in quel territorio reati ricostruiti anche grazie ai pentiti.

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