Ci sono diversi motivi per essere arrabbiati con l'Europa al punto da giustificare disinteresse per le elezioni o un voto di rabbia. In questo senso la migliore sintesi la fece anni fa un grande politico tedesco, Franz Strauss, che governò a lungo la Baviera, regione che insieme alla Lombardia è il motore economico del Continente: «I dieci comandamenti - scrisse in tempi non sospetti - contengono 279 parole, la Dichiarazione americana d'indipendenza 300 e le disposizioni della Comunità europea sull'importazione di caramelle esattamente 25.911». Sconfortante, oltre che assurdo, ma parliamo pur sempre di caramelle, anche se altrettanto si potrebbe dire sulle leggi europee che vorrebbero regolare la lunghezza delle zucchine o la crosta dei formaggi.
Se però ci eleviamo da queste miserie e leggiamo un paio di libri scopriamo che l'Europa è anche altro, è stata e deve rimanere anche altro. L'aveva capito già due secoli fa, non senza qualche interesse egemonico personale, Napoleone Bonaparte: che scrisse: «Abbiamo bisogno di una legge europea, di una Corte di cassazione europea, di un sistema monetario unico, di pesi e di misure uguali, abbiamo bisogno delle stesse leggi per tutta Europa. Avrei voluto fare di tutti i popoli europei un unico popolo... Ecco l'unica soluzione!». Un sogno, un'utopia? Può essere, ma poi ci sono i fatti reali. Senza scomodare l'imperatore, io so di essere il primo esponente della mia genia che è nato, cresciuto, e invecchiato senza essere coinvolto in una guerra. Faccio parte della prima generazione di uomini non soldati carne da macello e questo è successo non a caso ma perché dopo gli orrori della prima e seconda guerra mondiale i paesi decisero di unirsi in una unione di interessi che portò poi all'attuale Unione europea.
Sempre non a caso, l'unico conflitto di cui sono stato spettatore in Europa, quello nei Balcani, è scoppiato tra nazioni che all'epoca dei fatti erano rimasti fuori dalla costruzione di quel patto. I trattati di 25mila parole sulle caramelle fanno ridere, o meglio piangere, ma garantire la pace per i nostri figli e nipoti è una cosa terribilmente seria.
E non possiamo né darla per scontata né metterla a rischio, affidandoci a dilettanti e avventurieri. Quindi domenica andiamo tutti a votare per chi l'Europa la vuole sì cambiare ma mai e poi mai distruggere. Neppure per scherzo o tornaconto elettorale.
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