A parte i banchieri, nessuno ama le banche. In genere ti prestano i soldi quando non ne hai bisogno e li vogliono indietro quando maggiormente servono. È anche vero che, gestendo i nostri risparmi, dovrebbero stare attente a come li usano. E non sempre lo hanno fatto. Ma attenzione a compiacersi della distruzione del nostro settore creditizio.
È vero, un liberale ritiene che un'impresa che non faccia bene debba fallire; non ci sarebbe altrimenti alcuna sanzione, da parte del mercato, per chi gestisce male, e nessun incentivo a fare bene. Un artigiano, un commerciante, un'impresa con i conti in rosso salta. Le banche sono degli ircocervi: metà private, quando devono fare profitti e pagare gli stipendi ai loro amministratori, e metà pubbliche, quando piagnucolano delle possibili crisi di sistema che deriverebbero dal fallimento di una di loro. Cosa fare dunque oggi, con il sistema creditizio italiano in bilico? Godere di una «ruvida manata» che spazzi via vertici, camarille e banchette degli amici del quartierino?
Purtroppo oggi dobbiamo stare tutti uniti e tifare per le nostre banche. E il motivo è molto semplice. Gran parte dei loro guai deriva dall'insensatezza di una regolamentazione europea che pretende dal sistema italiano un rigore finanziario e patrimoniale che solo dieci anni fa non era richiesto alle loro concorrenti francesi e tedesche. Si potrebbe obiettare che sbagliammo allora a non approfittare degli aiuti concessi ai malati continentali e che oggi ne paghiamo le conseguenze. Attenzione a pensare che i tedeschi abbiano oggi le carte in regola. La loro banca più importante ha derivati in pancia che valgono 15 volte il pil tedesco e per il Fmi è come l'ultima provetta del virus della polio: se arriva un terremoto si rischia la fine.
Insomma lo scenario non è quello di un mercato competitivo. La competizione c'è. Eccome. Ma tra sistemi politici nazionali - alla faccia delle dichiarazioni europeiste - e tra lobby a Francoforte (mai scelta fu per noi più azzeccata della nomina di Mario Draghi). Non combattiamo sul mercato, ma su quello delle regole fatte su misura di interessi tutti geopolitici. Vi sembra normale che il giorno prima del referendum sulla Brexit, i funzionari europei facciano i duri con Mps? O c'è del dolo, o c'è incapacità di capire la realtà in cui stiamo vivendo.
Difendendo le
nostre banche difendiamo il nostro petrolio: il risparmio di milioni di italiani che non deve essere estratto a Parigi o a Francoforte solo perché delle regole (e non il mercato e la competizione sui servizi) lo impongono.
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