Cronache

Il periodo dell'irrealtà

Ingannevole è l'ideologia più di ogni cosa, ma se la verità dipende sempre dal punto di vista, a volte una nuvola resta una nuvola anche se è più poetico pensarla un cigno, così come un cretino resta tale anche se qualcuno lo crede un genio

Il periodo dell'irrealtà

Ingannevole è l'ideologia più di ogni cosa, ma se la verità dipende sempre dal punto di vista, a volte una nuvola resta una nuvola anche se è più poetico pensarla un cigno, così come un cretino resta tale anche se qualcuno lo crede un genio. Il fatto è che ormai è sempre più difficile accorgersene, perché è come se il Covid - oltre al gusto e all'olfatto - avesse guastato anche la capacità di discernimento della realtà al di là dei preconcetti.

Partiamo dal corteo No Pass che sabato ha paralizzato Milano, dagli oltre cento identificati fra cui 40 anarchici e autonomi dei centri sociali. Marciando dietro gli striscioni «Qui non c'è nessun fascista», hanno cercato di assaltare la sede Cgil esattamente come accaduto a Roma. Violenti e anti-democratici come gli squadristi di Forza Nuova, eppure dai commenti del giorno dopo non sembra proprio. Nessun politico si indigna, nessun editorialista si preoccupa se non si può gridare al neonazismo di ritorno. No, sono solo «pochi vandali» che hanno inquinato una sana manifestazione di dissenso di tantissimi cittadini. Sana anche se ha paralizzato per l'ennesima volta una città. Tantissimi anche se 15mila persone su 1,3 milioni di milanesi è l'1,1%, perché la matematica è di regime, come la medicina.

C'è uno iato sempre più incolmabile fra l'effettiva portata dei fenomeni e la loro rappresentazione sui media ed è ancor più evidente nel caso dei portuali di Trieste, la cui esaltazione social è diventata quasi un genere letterario: eroi duri e puri come i marinai di Kronstadt o i trecento di Leonida. Oggi, neanche il tempo di concluderne l'agiografia, l'atomo del collettivo si è già sfasciato in particelle opposte tra minacce e rivendicazioni minime. Le epopee libertarie erano diverse. Così come diversi erano i martiri apolitici, etichetta che la piazza della Cgil di Roma si è cucita addosso durante la manifestazione contro tutti i fascismi. La quale - fra bandiere rosse, candidati di sinistra in prima fila e proclami sulla patrimoniale - era soprattutto e indiscutibilmente un evento elettorale, per giunta organizzato nel giorno di silenzio pre-voto.

La galleria dei mostri generati da una comunicazione che ingigantisce o distorce è infinita e purtroppo non è questione di pluralismo, ma di malafede, ipocrisia e calcolo. Il vaccino spacciato per pozione demoniaca mentre i numeri - non Big Pharma o il «giornale unico del virus» - dicono che è l'unico strumento che ci ha fatto uscire dalla pandemia; il tampone «gratuito» che gratuito non è, perché pagato dalle tasse della collettività; la minoranza urlante dei No Vax che nel dibattito ottiene gli stessi spazi della stragrande maggioranza sensata che crede nella scienza e nel bene comune; i difensori dei diritti umani che se viene ammazzato un deputato conservatore pensano che in fondo un po' se l'è cercata. Sui sieri così come in politica, vincono il fanatismo e la partigianeria cieca. Non siamo più alla necessaria dialettica delle parti e ai duelli di idee, siamo regrediti alla mistificazione, all'irrealtà assurta a dogma che disprezza i fatti, figuriamoci le opinioni.

E la sensazione è che sia un male contro cui non c'è vaccino.

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