Il pm che indagava con le fake news

Si serviva dei media locali per "incastrare" i concorrenti dei suoi amici

Il pm che indagava con le fake news

«Un comportamento di per sé spregevole e tanto più grave» in considerazione del fatto che «un magistrato dovrebbe costituire un esempio di legalità e come tale essere percepito dai cittadini». Il gip che tre giorni fa ha autorizzato l'arresto dell'ex sostituto procuratore di Salerno Roberto Penna, descrive così nell'ordinanza di custodia cautelare il comportamento del collega ora ai domiciliari. È accusato dalla Procura di Napoli di corruzione in atti giudiziari. «Il disprezzo e la noncuranza per la funzione rivestita - scrive ancora - si ricava anche dal fatto che incontra i suoi corruttori all'interno del proprio ufficio, in Procura». Già, perché il pm secondo l'accusa avrebbe stretto un patto corruttivo con alcuni imprenditori che volevano ripulire con l'aiuto del magistrato l'immagine del loro consorzio, colpito da alcune interdittive antimafia a causa della sospetta contiguità in particolare di un'impresa con il clan dei Casalesi. In cambio del supporto del magistrato avrebbero garantito consulenze e altre utilità alla sua compagna, avvocato del foro di Salerno e anche lei ai domiciliari. Per rientrare sotto l'ombrello protettivo della toga avrebbero spostato la sede del consorzio da Napoli a Salerno, territorio di competenza del pm. Da qui avrebbero allungato i tentacoli anche sulla Dia e sulla Prefettura per evirare ulteriori interdittive ed essere inseriti nella white list prefettizia con l'aiuto della compagna di Penna. Lui da pm avrebbe promesso, e in alcuni casi anche fornito, agli imprenditori notizie coperte da segreto investigativo su indagini della Procura potenzialmente pregiudizievoli per le loro attività. Nelle intercettazioni svolte dal Ros si citano anche sospette collusioni dei presunti corruttori con la Dia. Gli imprenditori parlano al telefono di «amici della Dia, della Procura...», e anche di un tenente delle Fiamme gialle in procinto di insediarsi proprio alla Dia di Salerno: «Poi ci siamo sentiti con il tenente lì... mi ha detto che alla Dia si occuperà di interdittive».

Il magistrato avrebbe anche utilizzato una testata locale per la pubblicazione di articoli pretestuosi da cui far partire indagini su un imprenditore concorrente del consorzio, il titolare del gruppo imprenditoriale Rainone. Che era all'epoca dei fatti impegnato in grandi opere di costruzione a Salerno. L'obiettivo dell'azione del pm sarebbe stato intimidire Rainone e la sorella e costringerli a fornire contropartite alla compagna per evitare i guai giudiziari. In un caso, su un complesso immobiliare in costruzione da parte di Rainone, uno degli imprenditori arrestati, d'accordo con il magistrato, lo avrebbe contattato riferendogli che il pm gli avrebbe «fatto male» sequestrandogli gli immobili e bloccando le vendite.

Lo scopo sarebbe stato indurlo a procurare consulenze alla compagna del magistrato. Alla quale infatti sarebbero stati affidati incarichi per conto della Cassa edile di Salerno di cui la sorella di Rainone era presidente.

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