Quella preghiera nella piazza vuota: così il Papa affida l'umanità a Dio

Papa Francesco, in una piazza san Pietro deserta e bagnata dalla pioggia, ha benedetto il mondo. E ha chiesto a Dio la fine dell'epidemia

Quella preghiera nella piazza vuota: così il Papa affida l'umanità a Dio

Stat crux dum volvitur orbis: la croce resta salda mentre il mondo gira. Il cielo su piazza san Pietro è livido e la pioggia cade incessante. Le telecamere mostrano papa Francesco pronto a pregare, come se fosse un giorno normale. Come se su quella piazza ci fossero i fedeli della domenica, desiderosi di ricevere la loro benedizione. Come se tutto il mondo non fosse piegato da un virus subdolo e invisibile che colpisce all'improvviso. Questo venerdì, però, non è un venerdì come gli altri. È un venerdì di quaresima durante il quale l'Italia ha perso 969 persone a causa del coronavirus. Il peggior dato dall'inizio dell'epidemia.

La pioggia cade su piazza san Pietro, mentre alle spalle del Papa le telecamere inquadrano il crocifisso di san Marcello. Un crocifisso ligneo - con la testa piegata sotto il peso della corona di spine e delle sofferenze del Calvario - che nel XVI secolo ha liberato Roma dalla peste. Francesco prega non solo perché Dio liberi il mondo dalla pandemia, ma anche e soprattutto affinché l'uomo impari qualcosa da questa sofferenza: "La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità" - dice il Pontefice - "e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità".

Papa Francesco bacia il crocifisso di san Marcello

"Ci dimostra" - prosegue papa Francesco - "come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di 'imballare' e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente 'salvatrici', incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità".

Il riferimento alla tempesta è da ricercare nel vangelo di Marco, dove i discepoli si trovano travolti dalle onde e impauriti fino a quando non interviene Gesù. Perché alla fine, quello che conta è la croce di Cristo, che resta immobile mentre il mondo attorno ad essa corre veloce e che ci conferma che un altro mondo è possibile.

Come ha scritto Giovannino Guareschi che - non a caso - aveva scelto un Cristo in croce come protagonista delle sue storie: "Noi abbiamo bisogno di credere in un mondo migliore che, purtroppo, non può essere di questo mondo e, allora, bisogna chiedere aiuto al Cielo".

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