Il picco del Coronavirus resiste? "Cosa sta succedendo davvero"

Il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano, spiega: "È un paradosso: ci sono molti meno casi, ma riusciamo a rivelarne molti di più"

Il picco del Coronavirus resiste? "Cosa sta succedendo davvero"

Lo chiamano il paradosso del plateau. "Il virus rallenta in Italia e ce lo dice soprattutto il dato bello delle terapie intensive, ma i nuovi casi continuano a essere identificati. E il plateau, quel sorta di altipiano che sembra aver preso il posto del tanto atteso picco, resiste. Il fatto è che ci sono meno casi, ma noi li rileviamo di più: una sensibilità maggiore che fa sfuggire meno soggetti positivi e che influenza il conteggio. Un paradosso, appunto". A parlare all’Adnkronos Salute è il virologo dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco.

"Questo paradosso deve dirci due cose: le misure stanno funzionando, ma non è ancora il momento di abbassare la guardia". Poi continua. È corretto uscire con la mascherina. "In Lombardia per precauzione dovremmo considerarci tutti positivi a Covid, inoltre vedere le persone con naso e bocca coperte rafforza il messaggio di distanziamento sociale, importante per non far tornare il virus a correre". Pregliasco commenta l’ordinanza del presidente della Regione Lombardia che introduce l’obbligo per chi esce dalla propria abitazione di proteggere se stesso e gli altri coprendosi naso e bocca con mascherine o anche attraverso semplici foulard e sciarpe.

"Resta il problema della disponibilità delle mascherine per la popolazione", aggiunge il virologo. Solo poche ore fa Pregliasco rispondeva ad altre due domande. La prima: Italiani a casa fino al primo maggio? "C’è un ponte, ci sarà bel tempo e la voglia di uscire. Ma i dati sui contagi da Covid-19 non sono ancora in discesa. Il virus sembra rallentare, ma non possiamo abbassare la guardia". Il professore commentava così le parole di Angelo Borrelli, capo della protezione civile, che ai microfoni di Radio Anch’io ieri mattina aveva detto: "A casa anche il primo maggio? Credo proprio di sì".

"L’obiettivo - ricorda Pregliasco - è quello di evitare lo spettro di una seconda ondata di casi". La seconda domanda è prettamente scientifica: test sierologici rapidi per ottenere una sorta di certificato di immunità? Per il virologo Pregliasco con questo tipo di test il rischio di falsi positivi è molto elevato. Al momento si tratta di esami validi per un’indagine epidemiologica che ci dica quanto Sars-CoV-2 abbia circolato in un certo ambiente, ma non a livello di certificato d’immunità.

Si dice d’accordo con Pierangelo Clerici (il presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani). "Questi test vanno validati e occorre un protocollo nazionale, le Regioni non possono andare in ordine sparso". Il problema della performance dei test sierologici su Sars-CoV-2 è che vanno validati.

"Ma questo tipo di esami - precisa Pregliasco - scontano anche una problematica che si può spiegare con quello che è accaduto all’inizio con i test dell’Hiv: gli esami erano molto più precisi nella popolazione dei tossicodipendenti, dove c’era un tasso maggiore di sieropositivi, mentre ad esempio nei sanitari si registravano più falsi positivi. La performance di questo tipo di test nella migliore delle ipotesi è del 95%, inoltre il rischio di un falso positivo aumenta con il diminuire della prevalenza di sieropositivi".

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