La prima sensazione che emana il Mario Draghi post-estivo è di forza: con una campagna di vaccinazione che toccherà l'80% a fine settembre, con il 91,5% degli insegnanti che ha avuto l'iniezione e l'economia che galoppa con una crescita del Pil oltre il 6%, il Premier si sente insostituibile.
La seconda sensazione, conseguente alla prima, è che il presidente del Consiglio si sente al di sopra delle beghe dei partiti, dei loro litigi, delle loro polemiche legate ad esigenze elettorali. Non solo non se ne occupa, ma addirittura non se ne cura perché al momento c'è una sola sicurezza: «Il governo va». In fondo anche l'istituzione di una cabina di regia (una costante nella politica italiana) serve più che altro ad offrire ai partiti della sua maggioranza extra-large una palestra per i loro inconcludenti duelli verbali.
C'è da chiedersi, però, se quella di Draghi sia davvero un'espressione di forza o un altro esempio di quella sicumera che spesso contagia i tecnici prestati alla politica (Monti ne fu un malato cronico). In questo caso la risposta giusta è la prima, perchè dopo due anni di emergenza il premier sta regalando al Paese la condizione che più brama, che più desidera: il ritorno alla normalità. Non è cosa di poco conto, perché dopo lockdown, mascherine, regole sanitarie, disagio sociale e scuole chiuse, per l'opinione pubblica il ritorno ad una vita normale è la prima delle conquiste.
Interpretando questo desiderio in un'ottica responsabile, per evitare traumatici ritorni indietro, Draghi può permettersi tutto. Può utilizzare un lessico estremamente duro nei confronti delle violenze no-vax «odiose» e «vigliacche». Oppure accarezzare per la prima volta l'idea dell'obbligo vaccinale. Ed ancora tenere a bada Matteo Salvini sul green pass e, nello stesso tempo, fare spallucce alle dichiarazioni di Enrico Letta e Giuseppe Conte che si arrogano il diritto di dire che la Lega è fuori dalla maggioranza. Può farlo perchè agli occhi del Paese lui è il governo, gli altri quelli dell'asilo Mariuccia.
Insomma, la strada è tracciata, sulla pandemia come sull'economia. La stragrande maggioranza degli italiani ha accettato l'idea che non c'è un'alternativa al vaccino: il flop delle proteste no-vax lo testimonia. Come pure, se vogliamo diventare un Paese normale, non c'è ricetta diversa dalle riforme che ci chiede l'Europa.
Questa è la rotta fino all'inizio del prossimo anno: poi si vedrà se l'economia continuerà a tirare e se dopo aver recuperato quanto perso nell'anno della pandemia, riuscirà, grazie alle riforme, ad andare oltre i limiti strutturali degli ultimi decenni. E, soprattutto, si scioglierà un rebus: si scoprirà se il nuovo inquilino del Quirinale sarà lo stesso che oggi risiede a Palazzo Chigi.
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