Cronache

"Prenderesti mai del veleno?". Il manifesto di ProVita scatena la polemica

Parte la campagna di denuncia contro la pillola Ru486 per l'aborto chimico. La Lucarelli contro Pro Vita & Famiglia: "Vergogna. Va vietata l'affissione"

"Prenderesti mai del veleno?". Il manifesto di ProVita scatena la polemica

In queste ore è partita in Italia la campagna nazionale #dallapartedelledonne organizzata da Pro Vita & Famiglia, che ha affisso decine di manifesti nelle principali città del Paese, oltre ad aver allestito numerosi camion vela. "Prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva Ru486, mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo", si legge nei manifesti. Da Roma a Milano, passando per Verona e per tantissime altre città dello stivale e delle isole, l'associazione intende sensibilizzre i cittadini contro la pratica dell'aborto farmacologico con la pillola Ru486, regolamentata con un nuovo pacchetto di linee guida pochi mesi fa.

"La pillola Ru486 si può assumere fino alla nona settimana e in day hospital senza ricovero per una decisione presa dal Ministro della Salute Roberto Speranza con le nuove Linee Guida di Agosto fatte alla chetichella in estate, come ‘i ladri che vengono di notte’. E tutti si sono messi a festeggiare", si legge nella nota diffusa dall'associazione onlus per presentare la campagna di denuncia. I toni della nota sono particolarmente duri: "Questa o è ignoranza o è frutto di una vergognosa manipolazione mediatica. Sapete che la Ru486 può causare emorragie, gravidanze extra uterine, infezioni, setticemie, distruzione del sistema immunitario, depressione e anche la morte? Per approfondimenti telefonare a Renate Klein, attivista pro-choice e femminista radicale".

A spiegare il perché di una campagna a forte impatto mediatico è intervenuto anche il presidente Toni Brandi: "Assumere la pillola Ru486 è dolorosissimo. Sai quando inizi ma non sai quando finirà, possono passare tantissime ore, anche giornate intere prima che inizi il travaglio che provoca l’espulsione del bambino. Il 56% delle donne riconosce poi il figlio innegabilmente formato sulla propria mano o nel wc. E allora sì che il dolore è atroce, si è spesso da sole, in bagno, con la più grande bugia". Il presidente ha spiegato che l'obiettivo è quello di "risvegliare la conoscenza e le coscienze delle persone, perché non vengano raccontate falsità su questo farmaco tanto dannoso per le donne". Il vicepresidente della onlus, Jacopo Coghe, ha ribadito il concetto alla base: "L’introduzione dell’aborto chimico ha aumentato il numero di abusi, di donne costrette da uomini ad abortire. E a casa, con l’aborto fai da te, i casi cresceranno ancora. Le donne si meritano una politica che davvero si occupi di loro. Noi saremo divulgatori culturali di quella controinformazione che racconta questa profonda ingiustizia sul corpo delle donne".

"Si parla tanto di salute degli italiani, di battaglia contro la violenza sulle donne e poi, il governo che fa? In piena pandemia ha 'deospedalizzato' la pillola abortiva Ru486. Da medico e da parlamentare dico no a questo abominio che mette a rischio la salute delle donne e uccide il figlio nel grembo", ha detto Simona Baldassarre, europarlamentare della Lega. Una posizione fermamente critica quella dell'onorevole, motiva le sue parole: "Il ministro Speranza, come noto, con una decisione presa in pieno agosto, ha cambiato le regole: si può assumere la pillola fino alla nona settimana di gravidanza e in day hospital, eliminando l’obbligo del ricovero. La Ru486 non è un confetto: può causare emorragie, gravidanze extra uterine, infezioni, setticemie, distruzione del sistema immunitario, depressione e anche la morte". Anche Simona Baldassarre pone l'accento sul tema degli abusi: "E come se non bastasse, questa 'liberalizzazione' dell’aborto chimico certamente aumenterà il numero degli abusi, di donne costrette da uomini ad abortire. Condivido la battaglia di Pro Vita e Famiglia iniziata oggi: ci vuole una rivoluzione culturale che riporti al centro della politica la dignità delle persone e la vita, dal suo concepimento alla fine naturale".

Immediate le repliche indignate. Tra le prime a lamentarsi c'è Selvaggia Lucarelli, che vorrebbe togliere la voce all'associazione Pro Vita & Famiglia: "Vergognosa, e non dovrebbe esserne permessa l'affissione". Nel tweet della giornalista c'è anche una menzione al sindaco Beppe Sala per richiamarne l'attenzione. "Non ci sono parole per descrivere questo vergognoso manifesto pubblicitario affisso a Milano in via Vigoni angolo via Mercalli. Si tratta di una indegna menzogna e di una grave violazione del corpo e della dignità delle donne. L'ennesima violenza che non siamo disposte a tollerare! Chiederemo chi ha autorizzato questa affissione e siamo pronte a un'azione significativa che faccia sentire la nostra voce contro questo abuso", scrive in un post La Casa delle Donne di Milano.

Sull'onda dell'indignazione anche Non una di meno - Milano, che si scaglia contro la campagna con un duro post su Facebook: "Non bastavano i negazionisti del covid, ci mancavano pure quelli della pillola RU486 e del diritto all'interruzione volontaria di gravidanza. È grave che sia stata permessa l'affissione di una campagna di disinformazione medico-scientifica e di attacco ai diritti delle donne così plateale.

Chiediamo che venga rimossa immediatamente, la città e lo spazio pubblico non sono la bacheca privata degli "uomini che odiano le donne", dei cattofondamentalisti negazionisti che non sopportano il semplice principio per cui chiunque decide del proprio corpo e della propria vita".

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