Papa Francesco lo aveva scelto per guidare del finanze del Vaticano. Non esattamente un compito che verrebbe affidato a chiunque, in specie per il corso rivoluzionario dell'argentino, che molto ha puntato sulla trasparenza, e dopo gli scandali del pontificato precedente. Poi la messa in stato di accusa per presunti abusi che ha destabilizzato non poco le cronache leonine dell'epoca. Lo abbiamo raccontato durante questi anni e sappiamo com'è terminata quella vicenda: il cardinale George Pell è stato prosciolto in appello, dopo aver trascorso più di dodici mesi all'interno del carcere.
Mentre gli eventi che hanno interessato la fase processuale scorrevano, è comparso persino un documentario innocentista. Immagini che sono andate in onda su Sky Australia e che hanno fatto notizia in tutto il globo. Forse perché in grado di destrutturare la narrativa di base degli accusatori e di chi considerava il prelato necessariamente colpevole. Il cardinale Pell del resto ora è innocente secondo giustizia. Il caso si è prestato nel corso dei mesi a ricostruzioni e retroscena, alcuni tra i quali riguardanti pure la sussistenza di "schieramenti" all'interno della Santa Sede. Ma si sarebbe trattato di mere supposizioni. Il dato chiaro è che Pell ha salutato la sua prigionia dopo che la Corte Suprema australiana ha affermato una "significativa possibilità che una persona innocente sia stata condannata perché le prove non hanno stabilito la colpevolezza secondo il richiesto standard probatorio". Le interpretazioni diventano quasi superflue.
Il ritorno a Roma del porporato australiano è stato letto come un fatto politico. Ci si aspettava che Francesco riaffidasse a Pell un incarico di peso. Non è stato così, ma in molti sostengono che parte delle riforme economiche del regnante siano frutto della visione del cardinale. Un particolare che non è facile stabilire, perché Pell non è più il prefetto della Segreteria per l'Economia. Il Papa, che guarda alla redistribuzione della ricchezza e alla riduzione (se non alla scomparsa) delle diseguaglianze economico-sociali, ha scelto il presbitero Juan Antonio Guerrero Alves per sostituire il porporato australiano. Alves, peraltro, non dovrebbe neppure diventare vescovo in funzione del suo mandato.
Al netto degli incarichi ricevuti o mancati, a Pell viene attribuita una voce di peso. In molti, quando il porporato australiano dice la sua (ed è molto raro), ascoltano con attenzione, magari per l'attesa di qualche dettaglio in grado di svelare meccanismi di base della politica curiale. Soprattutto i conservatori guardano a Pell come a un loro "rappresentante". E questo sentore dipende forse un po' dalle logiche di polarizzazione giornalistica e un po' dalle posizioni in bioetica che il porporato australiano ha spesso portato avanti. Lo stesso discorso potrebbe essere presentato per il cardinal Robert Sarah, e conosciamo quanto le esigenze giornalistiche impongano spesso semplificazioni. Insomma le parole di Pell, prima e dopo il carcere, hanno fatto rumore. Figurarsi un diario sulla prigionia.
L'opera in Italia è intitolata Diario di Prigionia ed è edita da Cantagalli. All'interno c'è il racconto completo che Pell ha scritto negli interminabili mesi di reclusione. Tra passaggi che possono commuovere il lettore più sensibile, spicca la pagina in cui Pell racconta di alcune difficoltà legate alle emergenze spirituali: "Suor Mary mi ha portato la Comunione - si legge - , e abbiamo fatto una piccola celebrazione con le letture della Domenica. Mi manca poter celebrare la Messa, ma sono grato per la Comunione. Mi trovo sempre a disagio quando iniziamo a chiacchierare subito dopo che l’ho ricevuta. Durante le visite, le persone lo danno per scontato. Forse dovrei proporre una pausa di silenzio di un paio di minuti prima di iniziare a conversare. I cappellani fanno un ottimo lavoro e suor Mary dice che il loro lavoro è apprezzato dai detenuti, il 35% dei quali – così dicono – sostiene ancora di essere cattolico". Sono almeno due le preoccupazioni del cardinale incarcerato per un'accusa che non ha retto e per cui è stato assolto: il fatto di non poter dire Messa; la sopravvivenza del cattolicesimo nonostante le contingenze. Il carcere, in questo senso, assume le fattezze di un microcosmo. Il mondo - quello con cui Pell non ha potuto avere contatti per un po' - è il macrocosmo all'interno del quale la cattolicità sembra essere in affanno. Se è vero che è Pell è un ratzingeriano, allora è vero pure che l'ex prefetto della Segreteria per l'Economia è preoccupato per l'avvento del relativismo, che tanto sta minando alla base le certezze dell'essere occidentale.
In Diario di Prigionia trova spazio anche una certa attualizzazione della vicenda evangelica: "I parallelismi con la mia situazione - annota il cardinale, raccontando come durante una celebrazione sia stata pronunciata una preghiera di perdono relativa a un caso di aggressione - sono abbastanza evidenti; sono ben consapevole che la volontà di perdono va e viene, e che la decisione di perdonare può essere minacciata, e persino sepolta, da un’ondata di emozioni o da un altro nuovo colpo. Non ho una grande considerazione del mio accusatore - continua l'ex prefetto - , ma non mi risulta particolarmente difficile perdonarlo perché ne riconosco la sofferenza. Rappresenta per me più una sfida perdonare chi gli sta intorno e chi ha distrutto la mia reputazione sui media". L'interpretazione dell'omelia di don Corrigan racconta qualcosa pure del carattere dell'uomo Pell, che qualcuno ha visto come il prototipo cristiano del perseguitato dalla giustizia. E il diario in questione è certo una testimonianza di rilievo. Peraltro il genere delle opere letterarie scritte durante una prigionia personale trova in Pell un continuatore.
Se qualcuno, ancora, cerca picchi di conservatorismo ecclesiastico, li troverà: "La necessità di preservare la dimensione verticale della comunità adorante - scrive il cardinale, quasi al termine del libro - è uno dei motivi per cui sono favorevole anche al fatto che il sacerdote reciti la Preghiera Eucaristica rivolgendo le spalle al popolo. Ciò - continua -servirebbe a fare chiarezza una volta per tutte sul fatto che il sacerdote non è il centro dell’attenzione e nemmeno dell’azione, che invece deve essere rintracciato altrove". La cosiddetta "Messa tridentina" non vive un periodo particolarmente felice per via dei suoi tanti detrattori, ma Pell si è schierato di nuovo in sua difesa, persino dal carcere in cui era recluso. Un altro dettaglio che non sfuggirà ai tanti che attribuiscono un valore simbolico alla parabola dell'ex prefetto scelto da Bergoglio per la riforma delle finanze vaticane. Chi avrà modo di leggere il testo, peraltro, rintraccerà numerose riflessioni sullo stato di salute della civiltà occidentale. Un passaggio, forse, merita più di altri: "Gli esseri umani non hanno più una propria connaturata dignità per il semplice fatto di essere a immagine di Dio; uomini e donne non sono più fatti l’uno per l’altra per volontà di una Provvidenza Divina, proprio perché – sostengono – la natura umana non esiste.
Come non esisterebbe una legge morale che debba essere rispettata per una crescita armonica dell’umanità, anche se molti non credenti aderiscono personalmente e pubblica-mente con seria convinzione alle leggi e alle verità che devono essere rispettate per migliorare la salute fisica e difendere l’ambiente". Nei diari di Pell c'è traccia pure di una sorta di manifesto antilaicista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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