La tragedia del Mottarone

"Era un campo di battaglia, contavamo i morti"

Il volontario ha visto anche il corpo del piccolo di 2 anni intrappolato nella funivia

"Era un campo di battaglia, contavamo i morti": la testimonianza choc dei soccorritori

Difficilmente il primo soccorritore riuscirà a dimenticare la sconvolgente scena che si è trovato davanti quando è arrivato sul luogo della tragedia. Intervistato dal Corriere, Cristiano L’Altrella, 27 anni di volontariato, ha raccontato: “Mi ha impressionato il bambino, non lo dimenticherò mai quel bambino. Era sotto il corpo di un giovane che respirava ancora. E sotto di lui altri tre. Tutti morti. Una scena terribile”. Quella scena è ancora impressa davanti ai suoi occhi, il piccolo di due anni era rimasto intrappolato nella cabina della funivia precipitata sul Mottarone.

Il soccorritore: "Un campo di battaglia"

L’Altrella, caposquadra del distaccamento dei Vigili del Fuoco di Stresa, è stato il primo socorritore ad arrivare sul luogo dell’incidente, insieme ad altri due colleghi. Nel raggiungere il posto, subito dopo aver ricevuto la chiamata, aveva sperato in un errore o almeno che nessuno si trovasse all’interno della cabina. Invece purtroppo non era così, “abbiamo trovato un campo di battaglia, corpi di ragazzi, di uomini e di donne sparsi sul pendio della montagna. Eravamo saliti in vetta, fino alla stazione capolinea della funivia, dove queste persone non sono mai arrivate. E da lì siamo scesi seguendo la linea dei cavi. Sotto c'è una fascia disboscata, come sotto tutte le funivie. Un pendio ripidissimo, sarà dell'80%. Scivolavamo giù anche noi. Fino a che 3-400 metri sotto abbiamo visto la cabina rossa accartocciata, era rotolata giù e si era fermata addosso a un pino, trenta metri più in là dell'ultimo pilone. Prima di arrivare abbiamo trovato due corpi, due uomini. Erano stati sbalzati fuori e non respiravano più. Siamo quindi andati a soccorrere quelli della cabina e lì”.

La funivia era aperta su un fianco, il passaggio era molto stretto ma il soccorritore, di fisico magro è riuscito, seppur a fatica, a entrare in quell’inferno. Subito gli uomini hanno chiesto di tagliare le lamiere perché altrimenti le barelle non sarebbero riuscite a passare. “C'erano cinque persone, ammassate l'una sull'altra. Uno solo respirava, quello che stava sopra agli altri. Abbiamo cercato in tutti i modi di salvarlo. Era incosciente ma i segnali di vita c'erano ancora. Gli abbiamo messo la maschera dell'ossigeno, ambu, massaggio cardiaco. È il protocollo di primo soccorso. Ma niente, non ce l'ha fatta. Il bambino era sotto di lui. Gli occhi chiusi, come tutti. Non riesco a descrivere quello che ho visto, troppo, troppo forte. Senza considerare il rischio che si correva in quel momento” ha raccontato, ripercorrendo con la mente quegli attimi concitati.

L'elisoccorso è ripartito con 2 bambini a bordo

Il rischio era che la cabina precipitasse ancora perché si trovava in bilico in una zona a pendenza elevata. Hanno quindi cercato di mettere la funivia in sicurezza legandola con una corda a un albero. Dovevano ancora capire quanta gente fosse coinvolta nel disastro e soprattutto quali erano le loro condizioni: “Non sapevamo quanta gente ci fosse nella funivia. Ho fatto un calcolo approssimativo: so che queste cabine hanno una capienza di 40 posti, ridotta della metà per il Covid. Quindi potevano esserci una ventina di persone a bordo. Ne mancavano più di dieci all'appello, secondo i nostri calcoli”. Erano tutti sparsi, sotto il livello della cabina, fino a circa 20-30 metri di distanza. Erano stati catapultati fuori dall’abitacolo. Il soccorritore e i suoi colleghi sono andati a controllare tutti, sperando di trovare qualcuno ancora in vita. Tutti morti: 4 donne e un solo uomo, il padre del bambino. Non avendo un numero certo di persone da cercare hanno continuato, aiutati anche dagli uomini del Soccorso alpino, una infermiera e un medico. “E quelli dell'elisoccorso che andavano avanti e indietro. Due bambini erano stati portati via. Dopo che il medico ha constatato i decessi, ci siamo preoccupati di coprire tutti i corpi con le coperte di stagnola”.

Nel Soccorso alpino anche il capo di Verbania, Matteo Gasparini, che è stato anche a Rigopiano, con più di 20 anni di interventi. Ma al Corriere ha detto di non ricordare nulla di simile. Ha ammesso che si tratta del più grande disastro della zona, “senza ombra di dubbio. Prima di questo io ricordo un aereo precipitato anni fa al Mottarone, due vittime. E un treno deragliato a Stresa, un morto e vari feriti. Qui sono 14... non riesco a pensare a quello che ho visto. Mi scusi ma ora sono troppo stanco e vorrei tornare a casa”. A casa lo aspettano la moglie e i figli. Non ha ancora chiamato la consorte e non sa come farà a passare la notte: “Ho quel bambino negli occhi”.

La chiamata verso mezzogiorno

Un altro che non dimenticherà quel tragico giorno è Franco Gazzola, viceresponsabile del soccorso alpino e speleologico del Vco, che è stato il primo a ricevere la notizia di quanto avvenuto sul Mottarone. A Repubblica ha raccontato che “c'era questo medico che saltava da un corpo all'altro cercando qualcuno da salvare e da rianimare ma ogni volta scuoteva la testa e ci diceva di portare i teli per coprirli”. Poi sono arrivati tutti: carabinieri, vigili del fuoco, guardia di finanza, polizia, soccorso alpino. Tutti a cercare di aiutare, di trovare qualcuno ancora in vita. Sul posto anche il sindaco di Stresa, Marcella Severino, che ha detto di essersi trovata di fronte una immagine terribile. Gazzola era stato chiamato verso mezzogiorno dal responsabile della funivia, che lo aveva informato della caduta di una cabina. Subito gli aveva detto di chiamare il 112, mentre lui ha avvisato tutti i volontari ed è salito in macchina. Tre quarti d'ora per arrivare al Mottarone, senza poter usare il cellulare perché in quella zona non prende. Da solo, con la speranza che non fosse così grave: “Succede a volte in montagna che si stacchi la corrente, che si blocchi la risalita. Nel 2000 avevamo dovuto recuperare i passeggeri perché la corrente era mancata all'improvviso e si era bloccata la funivia. Ho sperato che non fosse davvero precipitata una cabina e che potessimo soccorrere i sopravvissuti, non contare soltanto le vittime”.

L’elisoccorso del 118 si è però alzato con solo due bambini a bordo, uno dei quali non è sopravvissuto alle ferite riportate. Come ha raccontato Gazzola, intorno solo i corpi delle vittime sbalzate anche a dieci metri di distanza. Cinque persone ancora intrappolate in mezzo alle lamiere. Sia lui che Gasparini, in tanti anni di soccorso alpino, non avevano mai visto nulla di simile. “Quando i due bambini sono partiti in elicottero, ci siamo resi conto che non c'era nessun altro da salvare. È ancora difficile rendersene conto anche se chi fa il volontario come me sa benissimo che può trovarsi davanti scene terribili”.

I soccorritori hanno quindi messo in sicurezza la funivia, posta adesso sotto sequestro.

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