Cronache

Islamici ideavano attentati: uno va ai domiciliari, l'altra torna libera. È bufera

I due giovani avrebbero progettato di compiere in Italia un attentato con ordigni esplosivi, ma solo per uno sono scattati semplicemente i domiciliari

Islamici ideavano attentati: uno va ai domiciliari, l'altra torna in libertà: È bufera

Due islamici avrebbero progettato di compiere un attentato in Italia con ordigni esplosivi, ma il pugno durissimo che ci si aspettava non è arrivato: né il carcere né l'espulsione, semplicemente i domiciliari per uno di loro due. L'altra invece è in libertà. L'ipotesi di reato per un uomo e una donna è quella di associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, arruolamento e addestramento con finalità di terrorismo anche internazionale.

Il gip del Tribunale di Rovereto (Trento) il 18 giugno ha disposto nei confronti dell'uomo la misura della custodia cautelare agli arresti domiciliari, con obbligo di braccialetto elettronico. Misura ritenuta necessaria per far sì che l'indagato possa intraprendere un percorso di deradicalizzazione. Per lei niente convalida del fermo. La decisione è finita al centro di una bufera politica visto che, di fronte a una tale gravità, le conseguenze disciplinari sarebbero dovute essere più intransigenti.

Scoppia la bufera

Per Alessia Ambrosi, consigliera regionale di Fratelli d'Italia in Trentino Alto Adige, una scelte del genere "è scandalosa". Per l'esponente di FdI questa situazione mette in evidenza non solo la carenza del sistema giudiziario, ma anche l'incapacità che bisognerebbe garantire per i controlli degli stranieri: "Il primo terrorista sconterà la pena ai domiciliari per permettergli di compiere 'un percorso di rieducazione'. Alla complice, invece, il permesso di tornare in libertà, con il rischio di riprogrammare un altro attentato".

Ovviamente il punto non è il lavoro svolto dai carabinieri del Ros e dal Comando provinciale Trento, ma il livello di provvedimenti adottati alla luce di quanto emerso. Elena Testor, senatrice della Lega, ha messo in guardia sui pericoli relativi alle maglie troppo larghe in termini di cittadinanza: "Con una legge come lo Ius scholae tanto promossa dalla sinistra, questi pericolosi terroristi sarebbero stati italiani a tutti gli effetti". Questa è la dimostrazione che una legge per la cittadinanza facile può risultare molto pericolosa: "Potrebbe addirittura mettere in pericolo la sicurezza del nostro Paese".

Il piano

Entrambi sono nati in Italia da famiglie di origini kosovare e risultano essere inseriti nel contesto sociale, di lavoro e di studio. Si sarebbero addestrati per compiere atti violenti e avrebbero progettato di compiere in Italia un attentato con ordigni esplosivi. Il tutto in nome dell'organizzazione terroristica "Stato Islamico" (IS). I piani criminosi avrebbero previsto che, dopo aver commesso l'attentato, i due si sarebbero dovuti recare in Africa. Qui si sarebbero dovuti unire proprio alla stessa organizzazione terroristica.

La radicalizzazione

Da diverso tempo i due avevano intrapreso un percorso di radicalizzazione attraverso la propaganda jihadista sul web. Dopo aver eseguito tutte le perquisizioni del caso sono stati sequestrati materiale informatico e prodotti chimici, precursori per la fabbricazione di ordigni esplosivi. Il materiale è stato consegnato al Raggruppamento Investigazioni Scientifiche: gli esperti provvederanno a svolgere gli accertamenti tecnici.

"C'è stato un percorso di radicalizzazione violenta dell'indagato che si è via via accostato all'ideologia dello Stato islamico fino al giuramento della fedeltà all'Is nelle mani virtuali di un appartenente allo Stato islamico. Questo percorso lo porta ad assumere posizioni più radicali", ha spiegato il comandante del Ros, generale Pasquale Angelosanto.

Chi è l'indagato

L'uomo finito ai domiciliari è un perito tecnico chimico: l'indagato, considerando sia la sua formazione sia il luogo di lavoro frequentato, è in grado di "approvvigionarsi di sostanze chimiche precursori per materiale esplodente molto pericoloso". Le sostanze sono state "in parte sottratte dal luogo di lavoro"; il materiale poi è stato "accantonato in un luogo di deposito". Le sostanze chimiche sarebbero state utili per materiale esplosivo. Sandro Raimondi, procuratore della Repubblica di Trento, ha fatto sapere che è stato "parzialmente ammesso quello che era in contestazione".

La difesa

La difesa però tiene a precisare che l'indagine è assolutamente indiziaria e che, "secondo questa difesa, le ipotesi di reato non appaiono sorrette da adeguati riscontri probatori". L'uomo avrebbe "semplicemente partecipato a qualche conversazione on-line limitandosi a ipotizzare un viaggio all'estero". Dunque la difesa sostiene che non risulta abbia compiuto atti preparatori.

"Tutto si basa sull'interpretazione di conversazioni che devono ancora essere contestualizzate", viene aggiunto.

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