Politica

Progressisti soltanto con i vizi dei loro amici

Allora, vogliamo giocare sul caso Morisi da gente seria? Vogliamo cercare di vedere chi ha ragione e chi ha torto, o almeno coerenza?

Progressisti soltanto con i vizi dei loro amici

Allora, vogliamo giocare sul caso Morisi da gente seria? Vogliamo cercare di vedere chi ha ragione e chi ha torto, o almeno coerenza? Citiamo, per cominciare, due casi del recente passato in cui un uomo di sinistra si fosse trovato in una situazione grave e imbarazzante, quanto possono esserlo le questioni di droga e di sesso. Ricordate il presidente della Regione Lazio, Marrazzo, costretto a dimettersi per le sue storie con dei transessuali? O il portavoce di Prodi, l'onorevole Silvio Sircana che fu colto da fotografi indiscreti in una situazione sessualmente imbarazzante? Qual è la lezione? La lezione è che ogni volta, la sinistra ha fatto quadrato con la persona beccata in una situazione imbarazzante, proteggendola e al tempo stesso accusando la destra di sciacallaggio indegno.

Torniamo al maghetto della comunicazione salviniana, Luca Morisi, su tutte le prime pagine perché pende su di lui un'accusa per uso di stupefacenti. Tutti trovano stupefacente che Morisi si ritrovi sulle prime pagine alla vigilia delle elezioni, per un fatto accaduto ad agosto. La stessa magistratura dice che si tratta di una sciocchezza, ma come un solo avvoltoio tutta la sinistra è saltata sulla ghiotta occasione cantando in coro: «Ben gli sta al signor Bestia e a Matteo Salvini, così imparano che chi di spada ferisce, di droga perisce». Segue un pistolotto in cui si ricorda quanta crudeltà, aggressività, brutalità, abbia caratterizzato le campagne comunicative della destra, in particolare quella leghista.

E qui, se permettete, educatamente, ci incavoliamo. Ma come? Sono appena finite le celebrazioni per la fine della Guerra dei trent'anni senza esclusione di colpi, di falsi e armi improprie delle sinistre sempre illiberali? Tutti abbiamo visto venire a galla l'operato di quella magistratura per cui l'Europa ci tratta come un Paese del terzo mondo. E col caso Morisi, ci risiamo: una notizia penale investe un partito e indirettamente un leader, ma ridosso delle elezioni. Qualcuno dev'essere stato. Ma diversamente da quanto accadde con le disavventure di Marrazzo e Sircana che furono benevole e comprensive, con Morisi invece si infuriano gridando allo scandalo e che comunque ben gli sta.

Ma ve lo ricordate il primo governo di Silvio Berlusconi quando il Corriere della Sera pubblicò l'avviso di garanzia mentre il premier presiedeva un summit mondiale? Cosa fecero le sinistre tutte se non inzupparci pane, biscotti, zeppole e grissini? Ne seguì il ribaltone che cambiò i connotati della democrazia, con un presidente della Repubblica che non concesse elezioni anticipate e insediò un tecnico che preparò la strada al successivo governo Prodi con la sinistra politica giudiziaria e giornalistica entusiasticamente schierata.

Da allora tutte le carte giudiziarie, orde di cronisti giudiziari ammanicati, più una televisione ferocissima e totalmente di parte diffondevano la sensazione che tutto quello che provenisse sia dall'area liberale di Forza Italia che dalla Lega, dovesse essere considerato spazzatura, maleodoranze di una coalizione a delinquere. Da allora, circa trent'anni fa è stato spurgato da sinistra tutto quel veleno che poi ha alimentato il populismo dei forconi, di quelli che volevano scoperchiare il Parlamento come una scatola di tonno. L'ex segretario del Pd Matteo Renzi, lo ha ricordato in Senato: le sinistre hanno sfruttato colpevolmente qualsiasi frattaglia giudiziaria e Romano Prodi si è pentito della propria ostilità e così hanno fatto alcuni comici. Siamo garantisti e perfino innocentisti, tanto che per ora non vediamo evidenti prove nel caso Morisi, su cui non sta a noi decidere, ma neanche alla platea che si è avventata sul caso. Non siamo scandalizzati dall'opportunismo e neanche dai colpi bassi della politica in tempi di elezioni. Siamo soltanto sbalorditi dalla faccia tosta di chi usa due pesi e due misure.

E poi: non erano tutte le sinistre a favore della liberalizzazione della droga? Come si fa a sostenere che Morisi sia uno sporco drogato (si parla di due grammi di cocaina) e contemporaneamente battersi per la droga libera? Eravamo abbastanza ottimisti per un certo svelenamento che sembrava preludere alla fine della guerra mentale.

Ma ecco che col caso Morisi, arriva la regressione. O, se preferite, «piatto ricco, mi ci ficco», titolo di un vecchio film con Alberto Sordi. Che senso ha? Perché non provare a cambiar pelle, stile, e comportarsi, persino nella brutalità della politica, da persone coerenti e che non dimenticano che cosa hanno fatto, e onorino la coerenza con quello stile europeo che stava loro tanto a cuore? È finito il tempo del Ku Klux Klan.

È tempo di metterci in giacca e cravatta.

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