Quando Maometto fu sottomesso dall'Arcangelo Gabriele

Nel suo nuovo libro, "Maometto e il suo Allah", Magdi Cristiano Allam svela il lato meno raccontato della vita del Profeta

Quando Maometto fu sottomesso dall'Arcangelo Gabriele

Pubblichiamo ampi stralci del terzo capitolo del nuovo libro di Magdi Cristiano Allam «Maometto e il suo Allah» (Mca Comunicazione, 350 pagine, 10 euro; E-book, 8 euro. Lo si può acquistare esclusivamente attraverso il sito www.magdicristianoallam.it/libri). Il brano è intitolato «L'Arcangelo Gabriele gli schiaccia il Corano in faccia». Scrive Allam illustrando la sua fatica: «Il vero autore di questo libro è Maometto. Non sono io che racconto la vita di Maometto, è Maometto che racconta la propria vita attingendo da ciò che lui afferma che Allah gli avrebbe rivelato».

All'età di 40 anni Maometto abbandonava spesso la moglie Khadija per isolarsi all'interno di una grotta sul Monte Hira, nei pressi della Mecca, per meditare e pregare Allah. A volte restava isolato diversi giorni, qualche volta persino diverse settimane. Solo quando finiva la scorta di cibo, tornava a casa dalla moglie per approvvigionarsi e poi ritornava nella grotta a pregare Allah.

Era una notte di un giorno dispari dell'ultima decade del nono mese del calendario lunario, il Ramadan, quando all'interno della grotta la fiamma vacillante della lampada ad olio divenne all'improvviso potentissima. L'ombra della sagoma di Maometto veniva proiettata sulla parete della roccia, riproducendo ciascuno dei suoi gesti in modo smisurato, quasi caricaturale. Ad un tratto l'immagine divenne sempre più tenue e l'ombra di Maometto scomparve dalla parete. Una luce vivissima irruppe nella grotta. Maometto si sentì oppresso dal suo bagliore. Il suo corpo si contrasse. Le sue mani e i suoi piedi si irrigidirono. Un malessere diffuso si propagò attraverso le sue membra. Fu assalito dal terrore. I capelli gli si drizzarono sulla testa.

Fu a quel punto, in quelle condizioni di estrema tensione fisica e di totale agitazione psichica, che Maometto vide l'Arcangelo Gabriele. Teneva in mano un libro magnifico rilegato di seta. Era il Corano. La sua mano si protese verso Maometto e, con il Corano aperto, gli ordinò con una voce terrificante:

«Leggi!».

«Io non so leggere!», rispose intimidito Maometto.

Allora l'Arcangelo Gabriele si avvicinò a Maometto e gli schiacciò il Corano aperto sulla faccia. Maometto era stretto in una trappola asfissiante. L'Arcangelo Gabriele lo afferrava tenendolo bloccato, impedendogli di muoversi al punto che a Maometto mancò il respiro con il Corano schiacciato sul volto. Si sentiva ovunque oppresso. Era paralizzato, incapace del minimo movimento. Era terrorizzato. Pensò che l'Arcangelo Gabriele lo volesse uccidere. Ebbe paura di morire. In quel momento lo odiò. Il corpo trasudò di un sudore che bruciava la pelle. Maometto era sgomento, del tutto disorientato, perché non soltanto non aveva caldo, ma al contrario sentiva freddo, moriva dal freddo. Sentì le gocce di sudore colare fino ai gomiti e non riuscì in alcun modo ad arrestarle e ad asciugarle per porre fine al fastidio che gli procuravano. Le radici dei capelli si erano talmente irrigidite che le sentiva come aghi conficcati in testa. Quando l'Arcangelo Gabriele si rese conto che Maometto non ce la faceva proprio più a sopportare quella condizione psicofisica, che era assolutamente incapace di reagire e di fatto totalmente sottomesso alla sua volontà, gli tolse il libro del Corano dalla faccia e si allontanò. Maometto riprese a respirare ansimando con tutte le residue forze, come qualcuno che stesse morendo annegato. Si lasciò andare stremato urtando contro il muro e forse andando a sbattere contro una pietra. L'Arcangelo Gabriele si era un po' allontanato e lo scrutava. Non attese neppure che Maometto potesse tornare a respirare normalmente che gli schiacciò nuovamente il libro del Corano in faccia e ripeté con la sua terrificante voce:

«Leggi!».

«Io non so leggere!», rispose per la seconda volta Maometto. Allora l'Arcangelo Gabriele si riavvicinò a Maometto e lo assalì nuovamente. La sua mano si protendeva verso di lui con il libro del Corano mentre Maometto si sentiva il sangue raggelato in preda allo spavento.

Per la terza volta l'Arcangelo Gabriele gli schiacciò il libro aperto del Corano in faccia, premendo ancor più forte delle precedenti volte. Maometto ebbe la sensazione che stesse per morire. Si guardò attorno e si disse che presto sarebbe diventato come una pietra o un pezzo di legno. Era del tutto incapace di articolare una singola sillaba. Aveva perso la parola. Stava vivendo l'esperienza più terribile di tutta la sua vita.

«Leggi!», gli ordinò per la terza volta.

«Io non so leggere!», urlò disperato Maometto.

Allora l'Arcangelo Gabriele si riavvicinò nuovamente a Maometto. Lui si addossò alla parete della roccia. Era completamente in preda al panico. Non era più in grado di emettere un suono dalla bocca o di muovere alcuna parte del corpo per sfuggire al trauma che stava subendo. Si sentiva come stretto in una morsa. I suoi muscoli si tendevano da soli, come se avesse avuto dei crampi, ma lui ormai non sentiva male perché il suo corpo non reagiva più ad alcuna sollecitazione. Era come se non ci fosse più. Era paralizzato. Pietrificato come una statua. Le mascelle erano tese, le dita contratte, gli occhi spalancati. Maometto percepì la mano dell'Arcangelo Gabriele che si accostava ancora una volta con il libro del Corano. E nuovamente glielo sbatté in faccia. Il colpo subìto fu peggiore delle precedenti volte. Maometto si sentiva ormai talmente oppresso e soggiogato da così tanto tempo, senza riuscire a respirare, che si era convinto che l'Arcangelo Gabriele fosse sul punto di ucciderlo e che non avrebbe avuto scampo alla morte con le ossa frantumate.

A un certo punto Maometto capì che non era sua intenzione ucciderlo. Voleva piuttosto ridurlo in uno stato di prostrazione al limite della perdita totale dell'attività fisica e mentale. E fu allora che l'Arcangelo Gabriele lo lasciò, si allontanò e urlò con la voce più spaventosa:

«Leggi! In nome del tuo Signore che ha creato, ha creato l'uomo da un'aderenza. Leggi, che il tuo Signore è il Generosissimo, colui che ha insegnato mediante il calamo, che ha insegnato all'uomo quello che non sapeva». (90, 1-5).

Dopo aver rivelato i primi versetti del Corano, l'Arcangelo Gabriele scomparve senza dire nulla. Maometto cadde a terra stremato dallo stato di debolezza. Respirava ansimando con tutte le sue forze. Respirava profondamente lamentandosi a voce alta. Respirava in modo frenetico e fu colto da una crisi di vertigini. Si guardò attorno e si rese conto che era rimasto solo all'interno della grotta diventata buia (...) Scappò paralizzato dalla paura. Si precipitò giù dalla montagna senza guardare dove appoggiava i piedi, rischiando più volte di precipitare dall'alto. Arrivò alla Mecca e continuò a correre ansimando, senza preoccuparsi di ciò che avrebbe detto la gente che vegliava a quell'ora tarda. Sembrava un pazzo in fuga. Quando arrivò di fronte a casa sua, bussò violentemente alla porta e urlò:

«Copritemi! Copritemi!».

La moglie Khadija, i loro figli, il figlio adottivo Zayd, gli schiavi accorsero guardandolo spaventati. Maometto faceva pena. Non l'avevano mai visto in quello stato. Batteva i denti senza riuscire a controllarsi talmente aveva freddo. Il suo volto era pallido. Il corpo era tirato. Il collo era rigido dal terrore. I muscoli erano tutti tesi. Non faceva che ripetere:

«Copritemi! Copritemi!».

(...)

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