Elezioni Regionali 2020

Quando la paura mette in fuga la democrazia

È lui, in questa domenica di settembre, che incarna il corpo fragile della democrazia.

Quando la paura mette in fuga la democrazia

È lui, in questa domenica di settembre, che incarna il corpo fragile della democrazia. Non è un fuggiasco. Non è un pensatore politico. Non è un clandestino. Non è un dissidente. Non è un rivoluzionario e neppure l'uomo qualunque. È lo scrutatore. Dicono che non sia più cosi facile trovarlo.

Non se ne parla spesso. Sta lì, quasi scontato, come una sorta di burocrate del voto. Arrivi, saluti, magari una stretta di mano, fai vedere i documenti, firmi, prendi la scheda e la matita, ti nascondi dentro la cabina elettorale, perché il voto è segreto, fai finta di pensarci un attimo, metti una croce, ripieghi il foglio e poi lo infili nella fenditura di una scatola che in quel momento sembra lo scrigno magico della libertà. È così facile dire la tua. Dare il proprio voto, scegliere chi dovrebbe, secondo te, governare, qualche volta turandoti il naso o per sostenere il diritto della minoranza o solo per dire no a tutto e a tutti con uno sfregio.

Non ci pensi allo scrutatore, anche se non sta lì solo per dare la matita. È il garante che il gioco sia regolare. Niente trucchi e niente inganni. È il volto della fiducia. Lo noti adesso che non si trova.

Non c'è perché questa è la stagione del virus e non si stringono mani e il via vai di gente che tocca e respira è un'insidia, un pericolo, un «non si sa mai». Non c'è perché questo è il tempo della paura.

Ecco perché la fuga degli scrutatori prende un altro senso, più profondo, come se in quello spazio vuoto, in quell'assenza, ci fosse davvero il segno di una rinuncia, di una visione del mondo che sbiadisce. Non c'è nulla che possa far più male alla democrazia della paura.

La paura è un veleno, disillude, inquieta, ti inginocchia, ti fa chiedere sempre più sicurezza, in cambio di qualsiasi cosa. La sicurezza è concreta, la libertà è aria, ti accorgi che serve solo quando non respiri più. È il paradosso di questo virus. Lo combatti chiudendo tutto, rinserrando ogni cosa, porte, finestre, orizzonti, aggrappandoti solo al presente, ma ti uccide strappandoti il fiato dal petto. Togli aria per difenderti da qualcosa che te la vuole togliere. È uno scherzo crudele.

Lo scrutatore scacciato via da elezioni e referendum finisce per raccontare in una sola immagine tutto questo. Non è l'urlo di Munch, assomiglia più al bacio di Magritte, con la teste nascoste da lenzuola. È più sottile il senso di disfacimento. Non ci sono rulli di tamburi. La democrazia non si accascia in un teatro o nelle piazze.

Si allontana a piccoli passi, portandosi via gli scrutatori.

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