Coronavirus

"Io, ristoratore, vi dico perché sono in crisi"

Un percorso a ostacoli tra bonus, aperture a colori e spese di gestione

Quanti soldi ha perso un ristorante con il Coronavirus

“Non ce l’ho solo con lo Stato. Anche con tanti, troppi miei colleghi che se ne sono bellamente fregati delle regole”: non fa sconti a nessuno il nostro Mario Gennaro Bianchi Esposito, titolare del ristorante “Carne, Pesce & Vino” là, da qualche parte nella provincia italiana. Quasi 50 anni, una vita da lavoratore sin dalla giovanissima età, una moglie e un figlio da mantenere. “Carne, Pesce & Vino” non è una trattoria per camionisti, né un “mari e monti a 10 euro” e nemmeno un’enoteca di grido mondiale. È un posto dove mangiare e bere bene, materia prima di livello, bell’ambiente e un ottimo rapporto prezzo-qualità. Il nostro ristoratore vi ha investito oltre 200mila euro un decina d’anni fa. “Il sogno della mia vita” ci dice, “ma oggi è un incubo senza fine”.

Prima della crisi

Ma andiamo con ordine. Nel 2019 “Carne, Pesce & Vino” è aperto sia a pranzo che a cena e fa 30-35 coperti alla volta, incasso medio a commensale di 55 euro. Due dipendenti lavorano in cucina (lo chef e il suo aiutante) e uno in sala. Il fatturato netto del 2019 si aggira intorno ai 300mila euro, con un’offerta articolata tra aperitivi in loco, aperitivi in esterna e menù degustazione. È il classico ristorante che “marca” il territorio e tutela presso il consumatore le eccellenze italiane nel piatto e nel calice. Il 20 febbraio 2020 il coronavirus arriva in Italia. Il ristoratore Bianchi Esposito ricorda così quei giorni: “Il fine settimana del 22 e del 23 febbraio, complice il bel sole, ho fatto il pienone. Ero davvero contento”. Gioia effimera.

Il buio pandemia

L’8 marzo 2020 il presidente del Consiglio Giuseppe Conte annuncia la zona rossa nazionale per contrastare l’ondata di contagi che si sta abbattendo sull’Italia, soprattutto in Lombardia e in Veneto. Quella domenica le saracinesche del ristorante si abbassano; resteranno così per 81 giorni, quasi 5 settimane. Il 28 maggio “Carne, Pesce & Vino” riapre e il nostro Bianchi Esposito può accogliere di nuovo i clienti. Ma durante quel primo lunare isolamento generale il nostro accudisce la sua creatura, la sua attività come se fosse suo figlio. Va a controllare se la colonna frigo funziona, se non è saltato il contatore elettrico, se ci sono derrate alimentari in deperimento. “Chiudere un ristorante dall’oggi al domani non è come spegnere il motore di un’auto. Il mio ristorante si rifornisce di pesce tre volte alla settimana, di carne almeno due volte ogni sette giorni e poi ci sono i formaggi e i salumi per i quali la spesa dipende dalle tipologie di prodotto” ci dice il nostro ristoratore. I 3 dipendenti vengono messi in cassa integrazione. Dallo Stato iniziano ad arrivare i primi ristori: il bonus da 1.200 euro per la prima chiusura (600 euro per 2 mesi). Poi il decreto rilancio che calcolava la perdita di fatturato tra aprile 2019 e aprile 2020, 3.800 euro circa. In tutto 5.000 euro, cioè quasi 1.670 euro al mese durante la chiusura. A fronte di un mancato incasso di 75.000 euro. Tra giugno e ottobre il ristorante torna a lavorare a pieno regime. Si fa per dire. Ricorda Bianchi Esposito: “Ho perso 4-6 coperti perché ho deciso di togliere due tavoli per far stare ancora più tranquilli i miei clienti. Poi sono saltate le tavolate da 10-15 persone nei fine settimana. E stop anche a tutte le iniziative en plen air perché nel frattempo erano diventate assembramenti illegali e pericolosi per la salute pubblica. Oltre 40.000 euro di fatturato sfumato solo per queste ultime attività”. Ma quanto costa gestire un ristorante come “Carne, Pesce & Vino”? L’affitto commerciale vale 1.800 euro al mese. I dipendenti costano 7mila euro al mese. Luce, 1.110 euro. Gas, 800 euro. Acqua, 200 al mese. Tassa rifiuti, 83 euro al mese. Alimentari circa 6mila euro al mese. La cantina dei vini si aggira intorno ai 30mila euro cantina. A conti fatti sono tra i 19.000 e i 20.000 euro di costi mensili di gestione. Sottolinea il ristoratore Bianchi Esposito: “Ovvio, rimanendo chiusi per tutti quei mesi alcune voci si sono abbassate. Ma comunque, ad esempio, i costi per le utenze ci sono anche in assenza di utilizzo di luce, gas e acqua”.

Il nodo consegne a domicilio

E la consegna a domicilio? “Rimanere aperti a pranzo per noi avrebbe significato rimetterci, basta pensare alle spese per gli imballaggi. E poi il mio è un ristorante che il grosso della clientela lo fa a cena”. Il 4 novembre 2020 scatta la zona rossa ed esordiscono le aperture cromatiche arancioni e gialle. Inizia una ridda di colori cangianti di cui non si riesce a venire a capo. Dice Bianchi Esposito: “Ho dovuto chiudere il ristorante, un’altra volta con un preavviso di 24 ore. Se potevo capirlo durante la prima ondata, l’ho trovato inaccettabile durante la seconda. Il coronavirus non avrebbe più dovuto essere un’emergenza. I clienti mi telefonavano per sapere di che colore fosse la nostra regione. Sembravano tutti daltonici!”. A metà novembre arrivano 7.600 euro dallo Stato. “Ero fiducioso, non tanto per questo ristoro, ma perché il governo Conte aveva promesso che a Natale avremmo potuto riaprire. Invece…”. Invece di nuovo la ghigliottina della zona rossa tra il 25 dicembre e l’Epifania. Poi a metà gennaio 2021 arrivano altri 3.800 euro dallo Stato, quando il ristoratore ha già pagato tredicesime e IVA. A fine marzo 2021 c’è il bonus per la tutela delle eccellenze enogastronomiche del made in Italy: varato dal governo Conte ad agosto 2020. Al ristorante “Carne, Pesce & Vino” vanno 10.000 euro. “Una lotteria, il portale era complicatissimo, era facile sbagliare” dice Bianchi Esposito. Siamo a metà aprile e il ristorante è ancora chiuso. Su 13 mesi ha lavorato 5; è andato in fumo un potenziale incasso di 200.000 euro, con ristori e bonus per 26.400 euro. Cosa serve adesso al ristorante “Carne, Pesce & Vino” e all’eroico ristoratore? Ecco la risposta: “Certamente non il cashback che fa buttare via risorse preziose o la lotteria degli scontrini che mi costringerà a spendere 300 euro per aggiornare il registratore di cassa. È necessario che io torni a lavorare per continuare la mia vita e la mia passione. Perché le perdite subìte in quest’anno mi sa che non le recupererò mai.

E poi mi resta una speranza con la esse minuscola: che qualcuno mi mostri uno studio scientifico che dimostri incontestabilmente che i ristoranti sono un fattore di contagio del coronavirus. Altrimenti nessuno potrà convincermi che gli untori siamo noi ristoratori”. Un ristorante è un presidio di cultura enogastronomica, di territori, di stile italiano. È una comunità di clienti e ristoratori, di tradizioni e di passioni, una fucina di professionalità dell’accoglienza, una delle prime reti di vendita per le eccellenze agroalimentari italiane, un fondamentale ricettore per il turismo. Secondo il rapporto della Fipe (federazione italiana pubblici esercizi) di gennaio 2020 in Italia sono attive 333.640 imprese di ristorazione tra ristoranti, bar, enoteche con cucina e simili. Vi lavorano 1.252.000 persone. È un settore che nel 2018 ha generato 85,3 miliardi di fatturato, investendo 20 miliardi all'anno per l'acquisto dei prodotti.

Un pezzo fondamentale dell’identità italiana.

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