Questa Europa senza un destino

Kabul non è lontana. La sua resa è un'altra storia che l'Europa non sa come affrontare. Non trova le parole e ancora una volta si ritrova a fare i conti con quello che è: pezzi sparsi su una scacchiera dove i giganti sono altri

Questa Europa senza un destino

Kabul non è lontana. La sua resa è un'altra storia che l'Europa non sa come affrontare. Non trova le parole e ancora una volta si ritrova a fare i conti con quello che è: pezzi sparsi su una scacchiera dove i giganti sono altri. Che fare, adesso? La risposta è un senso di inettitudine. Si sta qui a inseguire le scelte di Washington. L'America che torna a mostrare il suo volto di impero riluttante, disinteressata a presidiare gli angoli caldi del mondo, stanca di guerre lunghe e dispendiose, che evocano i fantasmi del Vietnam e sono comunque una buona scusa per tornarsene a casa. È quello che ha fatto capire Joe Biden, il presidente che avrebbe dovuto illuminare la democrazia dopo i tempi bui di Trump. Biden, l'amico dell'Europa. Non abbastanza, però. Non c'è nessun ponte a unire le due sponde dell'Occidente. Non quando serve. L'America di Biden ha preso ancora più velocemente la strada dell'isolazionismo. La domanda in fondo è sempre la stessa: ne vale la pena? No, soprattutto se ormai fatichi a percepirti come una potenza globale. Non ce la fai, perché alla fine i gendarmi del mondo non piacciono a nessuno. L'America si faccia gli affari suoi. L'America pensi agli americani. L'America sta bene a casa sua. Trump ascoltava le paure viscerali della provincia, Biden sente le prediche degli intellettuali. Tutti e due in fondo non sanno che farsene del canone occidentale. Sono tutte questioni che la Cina neppure prende in considerazione e si muove alleandosi con chi conviene. Ci sono i talebani? Eccoli pronti a trafficare sulla via della seta.

È l'Europa che in questo grande gioco non trova un ruolo. Arriva sempre in ritardo e trova perfino il tempo di stupirsi, per poi battersi il petto. Non si è ancora decifrato il futuro dopo la pandemia e ci si ritrova a confrontarsi con un nuovo esodo. È la fuga di chi in Afghanistan non vede una vita. La strada della libertà porta ancora in Europa. Solo che qui l'orizzonte è stretto e ci si sente vecchi e ogni governo quando è il momento di riconoscersi in una storia comune pensa a quanto gli costa. Neppure questa volta ci sarà una strategia. L'istinto è chiedere aiuto al vicino di casa. Non importa se è cattivo. Lo paghi e ti fai ricattare. Il signor Erdogan è già pronto a trattare.

Non ci sarebbe da dire pazienza. L'Europa pesa se è una visione del mondo. È quell'idea di libertà e democrazia. È i diritti sacri e inviolabili dell'umanità, individuo per individuo.

Se le togli questo è solo un continente alla periferia del mondo. Lì a Kabul c'è un popolo a cui abbiamo promesso la libertà, ma stiamo discutendo sul modo migliore per lavarcene le mani. Rassegnati, come sempre, al peggio.

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