La rana leghista e lo scorpione a Cinque stelle

La parabola del governo

La rana leghista e lo scorpione a Cinque stelle

Uno prima o poi dovrà avvelenare l'altro, per la paura di non riconoscersi più. Qualcosa sta accadendo tra Di Maio e Salvini, tra Cinque stelle e Lega, in questi primi giorni del 2019. Non è solo una generica divergenza politica sui porti da chiudere o aprire alle navi dei migranti o dubbi sul reddito di cittadinanza o sull'autonomia delle regioni nordiste, sul quorum del referendum propositivo o sulle varie sfumature dei gilet gialli. C'è qualcosa di più profondo che sale su e straccia i tentativi del premier Conte di dare un volto rassicurante a questa strana alleanza. È una questione di pelle, che diventa ogni giorno più difficile da mascherare e va oltre il buon senso, gli interessi, le promesse e i buoni propositi. Ognuno in realtà sta facendo i conti con la propria natura. I grillini e i leghisti si stanno riscoprendo inconciliabili, perché hanno modi di vedere, sentire, raccontarsi diversi. Il patto non basta.

Sono come la rana e lo scorpione, la favola antica che viene da molto lontano, raccontata anche da Esopo. Non è inutile ricordarla. Lo scorpione chiede alla rana un passaggio per attraversare il fiume: «Mi sdraierò sul tuo dorso così non rischio di affogare». La rana è perplessa, conosce il veleno dello scorpione, la sua fama, quello che si dice di lui e riflette sui rischi e vantaggi. Perché fargli un favore? Magari per non sentirsi sola, per traghettarsi in compagnia di qualcuno sull'altra riva, in territorio sconosciuto, verso un futuro di cui non si conoscono le insidie e in certi casi un alleato, seppure difficile da ritenere amico, può fare comodo. Quel pungiglione può colpire chi si mostra ostile. I timori però restano. Lo scorpione non finge di essere quello che non è e comprende le preoccupazioni della rana. Non può semplicemente dissipare le incertezze chiedendo uno sforzo di fiducia. Si affida così alla logica, al ragionamento, alla razionalità: «Pensaci, cara rana, perché dovrei colpirti? Non conviene neppure a me. Se ti uccido con il mio veleno anche la mia sorte è segnata. Affogherò». Tanto basta per rassicurare la rana e i due stringono un patto per la traversata.

Per un po' di tempo va tutto bene, navigano sereni e complici verso un nuovo mondo, la rana serena e lo scorpione fischiettando e entrambi si mettono in posa, compiacendosi dello spazio conquistato, brindano e si fanno selfie, ripromettendosi fiducia e sbeffeggiando chi resta a riva. Poi, ancora prima di tagliare la metà del guado, accade l'inatteso, l'irrazionale.

Lo scorpione arma la sua coda e in rovesciata punge mortalmente la sua alleata. La rana, moribonda, urla l'ultima domanda: «Perché? Perché l'hai fatto?». E lo scorpione risponde: «Scusami, è la mia natura».

Ora non resta che decidere chi, tra Di Maio e Salvini, sia la rana e lo scorpione.

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