Ricchi in yacht, tirchi a terra. Colletta a vuoto a Saint Tropez

I proprietari delle lussuose barche ormeggiate nel porto di Saint-Tropez, la perla del Var, nel Sud della Francia, fanno orecchie da mercante quando si tratta di sborsare qualche euro per la sicurezza di uno dei bacini a più alto coefficiente di ricchezza del mondo

Ricchi in yacht, tirchi a terra. Colletta a vuoto a Saint Tropez

Ricchi, ricchissimi, praticamente taccagni. I proprietari delle lussuose barche ormeggiate nel porto di Saint-Tropez, la perla del Var, nel Sud della Francia, fanno orecchie da mercante quando si tratta di sborsare qualche euro per la sicurezza di uno dei bacini a più alto coefficiente di ricchezza del mondo.

La vicenda sembra presa dalla sceneggiatura a grana grossa di un film della serie dei Gendarmi di Saint-Tropez con Louis de Funès, che spopolava tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, quando qui Brigitte Bardot era di casa (oggi si avvista Beatrice Borromeo, ma tant'è). Accade che il glorioso Bailli de Suffren II, il battello di salvataggio utilizzato dalla Snsm (la Société nationale de sauvetage en mer) nel porticciolo provenzale, sia in panne, fuori uso per le prossime settimane a causa della mancanza di un pezzo di ricambio che stanno fabbricando appositamente in Italia e dovrebbe arrivare non prima della metà di agosto. I volontari della stazione tropezienne fino ad allora potranno contare soltanto su un natante semirigido di 140 cavalli vapore e sull'appoggio delle vedette di base a Fréjus e a Cavalaire.

Ma il fatto che questa per il Bailli de Suffren II è solo una «romanella», un ultimo racconcio prima del pensionamento dopo anni e anni trascorsi al servizio di attori, magnati e oligarchi e dei loro abbronzatissimi amici. La Snsm ha già commissionato a un cantiere navale bretone il Bailli de Suffren III, che dovrebbe prendere servizio la prossima primavera. Il condizionale però è d'obbligo: perché sono finiti i soldi. La nuova imbarcazione costa circa 1,4 milioni di euro e ne mancano 200mila per completare l'opera. Così Pierre-Yves Barasc, presidente della stazione Snsm di Saint-Tropez che l'anno scorso ha realizzato 87 interventi per lo più nel corso della stagione estiva, ha scritto alle cento più grandi aziende del Var e alle dieci persone più ricche di Francia per fare una colletta. «Sganciate qualche soldino e starete tutti più sicuri», ha scritto più o meno il signore, convinto che non sarebbe stato un problema per i facoltosi yachtmen mettersi una mano sulla coscienza e l'altra al portafogli. E invece a rispondere sono stati solo due, e solo uno di questi ha staccato un assegno, donando 10mila euro. E si tratta del proprietario di una delle barche meno lussuose. Dagli altri nemmeno un cortese rifiuto.

«Dicono che la faccenda non li riguarda? Sbagliatissimo», sbotta Barasc intervistato dal quotidiano locale Var Matin. «Sulle grandi unità - prosegue il presidente della stazione Snsm di Saint-Tropez - l'anno scorso abbiamo salvato un bambino di otto mesi. Abbiamo salvato tre giovani bloccati sulle rocce. Nemmeno loro padre ha voluto donare niente. E il bello è che queste stesse persone innaffiano le ragazze con una bottiglia di champagne Cristal pagata 50mila euro. Forse queste persone potrebbero mostrare un po' di modestia e aiutarci di più». Anche perché la Snsm è gestita da volontari e, come ricorda Barasc «dobbiamo trovare noi stessi i soldi per eseguire il servizio dalla a alla zeta. Non si tratta solo di salvare persone in mare, siamo chiamati per incendi, evacuazioni, e ci alleniamo nelle scuole e affrontiamo i problemi dell'inquinamento».

Forse per stimolare i paperoni francesi con la passione dello yacht si potrebbe puntare sullo sciovinismo,

ricordando loro che in Francia solo il 3 per cento dei proprietari di barche dona al servizio di salvataggio, a differenza del Regno Unito, dove i ricchi generosi (o forse solo previdenti) sono l'85 per cento del totale.

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