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Il richiamo della foresta

I segnali si moltiplicano. E gli autori o i potenziali leader di un ipotetico nuovo soggetto di sinistra spuntano come funghi

Il richiamo della foresta

I segnali si moltiplicano. E gli autori o i potenziali leader di un ipotetico nuovo soggetto di sinistra, massimalista, anti-sistema, anzi com'è tradizione anti-tutto, spuntano come funghi. Maurizio Landini mette a disposizione la Cgil come serbatoio per l'esperimento. Michele Santoro la sua popolarità televisiva e il suo bagaglio di esperienze di quarant'anni passati ad aizzare le piazze. In mezzo c'è anche chi dovrebbe portare i voti se li ha ancora, quel Don Chisciotte di Giuseppe Conte, leader dimezzato dei 5stelle, con accanto Marco Travaglio suo novello Sancio Panza che gli sussurra all'orecchio consigli di vita: è lui che dovrebbe accendere la miccia mandando a casa il governo Draghi solo che ha il problema di non poco conto di dover convincere i ministri grillini a lasciare il posto. Mission impossible. E poi, ancora, i tanti che in passato, a vario titolo, hanno fatto parte di quel caravanserraglio dall'ex-sindaco di Napoli De Magistris ad Antonio Ingroia, entrambi ex-magistrati fuori servizio, e l'immancabile Vauro.

È come un richiamo della foresta. L'inflazione vola causa la crisi energetica, le aziende sono in difficoltà, l'economia non tira, il carrello della spesa costa sempre di più e si preannuncia un autunno caldo, bollente come la siccità estiva. E allora l'allegra combriccola, i populisti di oggi che hanno lo stesso dna dei comunisti di ieri, annusa l'aria e pensa che ci siano le condizioni favorevoli per aprire un nuovo ciclo. Pardon per ritornare al passato. In fondo se siamo tornati all'inflazione del 1986 perché non ci dovrebbero essere gli stessi eroi, gli stessi mondi a guidare gli arrabbiati. Il primo successo di Santoro televisivo con la trasmissione Samarcanda è datato 1987, per cui ci siamo. E in fondo il pacifismo degli anni 80 inneggiava a Breznev e all'Unione Sovietica quando sfilava contro gli euromissili come quello del 2022, cinquant'anni dopo, guarda a Putin e alla Russia.

Si può scommettere che anche se cambiano le «crisi» le ricette di questo mondo saranno le stesse di tanti anni fa. Tributi su tributi perché la proprietà privata per loro è un reato. Il punto vero è che alla base della crisi di oggi ci sono proprio i programmi, sarebbe meglio dire gli slogan, di questa agorà che condiziona da sempre la sinistra (all'ultimo evento della Cgil erano presenti tutti, da Fratoianni, passando per Conte, fino a Calenda, tranne Renzi che forse di sinistra non è più). La crisi energetica che ci ha messo alla mercè della Russia è il risultato di un ambientalismo ideologico propugnato nel tempo da Santoro, grillini e compagni, che ci ha paralizzato per decenni. Le politiche del lavoro targate Cgil hanno creato nel nostro Paese una situazione paradossale: ci sono tanti disoccupati, il reddito di cittadinanza, ma anche tante offerte di lavoro che non trovano risposte. Non parliamo poi delle infrastrutture: tra autorizzazioni e regolamenti per realizzare un'opera pubblica ci vogliono tempi biblici. Insomma, la crisi che ci sta arrivando addosso oggi, nasce da politiche che non sono state fatte ieri. Il motivo? Perché i massimalisti che rispondono al richiamo della foresta della crisi, sono gli stessi che hanno bloccato il Paese per anni. Sono quelli che trovano un ruolo, un habitat nelle crisi. Che si cibano delle crisi.

Come gli stregoni che ballavano la danza della pioggia a cui però capitava anche di essere travolti dalla tempesta.

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