Ma la richiesta d'aiuto non va dimenticata

Per mandare in pensione il Superbonus 110% Mario Draghi ha usato il plurale: "Siamo contrari"

Ma la richiesta d'aiuto non va dimenticata

Per mandare in pensione il Superbonus 110% Mario Draghi ha usato il plurale: «Siamo contrari». Dove il soggetto «noi» si riferisce forse al governo. Anche se le reazioni immediate e negative rispetto all'uscita del premier, quelle esplicite dei Cinque Stelle a cui si sommano i maldipancia di una parte del centro destra, mostrano che l'unità di intenti delle forze che sostengono la maggioranza è tutt'altro che tale. Ma la questione non è solo politica.

Draghi ha messo il dito sulle piaghe che, in fin dei conti, hanno caratterizzato il bonus fin dalla sua nascita. Era il maggio del 2020, governo giallorosso Conte bis, il lockdown aveva paralizzato l'economia e in quel «decreto rilancio» le misure per sostenere l'edilizia avevano avuto la parte del leone. Al punto da introdurre una detrazione che arrivava oltre il 100% delle spese sostenute. In pratica lo Stato non solo ci regalava l'opera, ma ci aggiungeva addirittura un suo 10%. E ieri Draghi ha sintetizzato, da economista, le contraddizioni che peraltro erano chiare anche ai ragionieri: un bonus al 110% disincentiva ogni trattativa: che ci importa di negoziare il preventivo? Tanto i lavori li facciamo gratis e con il 10% finanziamo gli sconti in fattura e i crediti bancari. Il risultato, dice Draghi, sono «prezzi triplicati». Il che, nello scenario inflattivo indotto dalla guerra, è quantomai fuori luogo. E al premier non sono mai piaciuti nemmeno gli altri effetti distorsivi: quelli patrimoniali, per cui per cui il bonus vale per ogni fascia di ricchezza, e quelli legati alle truffe, che hanno trovato nel meccanismo del 110 un terreno assai fertile per insinuarsi tra una domanda drogata e un'offerta opportunistica da parte di mafie e organizzazioni varie.

Quindi tutto giusto così? Correggiamo l'errore e cancelliamo il Superbonus, in vigore fino al 31.12.23? Forse sarebbe meglio aprire un dibattito più articolato. Il bonus aveva una duplice funzione: rimettere in moto edilizia ed economia, e accelerare efficientamento energetico e transizione ecologica. Era dunque nato come risposta centrale ai problemi economici esasperati dalla pandemia e in linea con le direttive del Pnrr. Possibile che ora lo si debba cancellare così, con un colpo di spugna?

Nel balzo del Pil del 2021, cresciuto del 6,6%, c'è anche la spinta del Superbonus. Ci sono - è vero - i miliardi dei contribuenti finiti nelle facciate di condomini di lusso e villette unifamiliari. Ma pure le entrate aggiuntive relative alle imposte indirette generate dalle imprese, oltre al giro d'affari degli intermediari finanziari. Attenzione, allora, a buttare il bambino con l'acqua sporca.

Al mercato dell'edilizia, che ha investito capitali e che si è indebitato sul Superbonus, vanno garantite la prospettiva di adeguati correttivi (le detrazioni ci sono ormai da 20 anni, basta farle bene) e soprattutto certezze.

Dopodiché aspettiamo di conoscere cosa sostituirà il Superbonus nel ruolo di volano dell'economia e della transizione energetica. Due temi che dal febbraio scorso sono diventati più urgenti e prioritari che mai.

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