Periferie d'Italia

Riciclo dei rifiuti, storia di un fallimento romano

La capitale non sembra riuscire a fare rispettare le regole sul riciclo nemmeno ai supermercati e in alcuni casi neanche ai ministeri. Per non dire che non vi sono politiche per ridurre gli imballaggi o per incentivare il vuoto a rendere

Riciclo dei rifiuti, storia di un fallimento romano

Il riciclo dei rifiuti a Roma è all’anno zero. Chiunque abbia vissuto a Milano o Salerno se ne rende conto dopo pochi secondi. Non servono grandi inchieste giornalistiche per capirlo, basta avere un po' di senso dell’osservazione. Basta buttare un occhio nei cassonetti per il riciclo per vedere che dentro c’è davvero di tutto. D’altronde nessuna città punterebbe sui cassonetti per strada, perché solamente con il porta a porta o con i cassonetti nei condomini, si possono fare multe e obbligare la gente a rispettare le regole. Pensare che la gente faccia il riciclo perché “buona” è da Alice nel Paese delle Meraviglie. Inoltre Roma ha sistemi diversi a seconda delle zone e spesso molto complicati. Anche in questo caso tutti sanno che per fare funzionare il sistema di riciclo dei rifiuti bisogna che sia molto semplice e uguale in tutta la città.

La capitale non sembra riuscire a fare rispettare le regole sul riciclo nemmeno ai supermercati e in alcuni casi neanche ai ministeri. Per non dire che non vi sono politiche per ridurre gli imballaggi o per incentivare il vuoto a rendere.

Il tutto sembra essere stato fatto per decenni per favorire il business delle discariche. Più rifiuti ed emergenze si creano, più chi ha le discariche guadagna. Eppure le discariche nel resto d’Europa sono un ricordo del secolo scorso. Nei paesi avanzati si ricicla, si fa compost con i rifiuti alimentari e si brucia il resto in termovalorizzatori di ultima generazione che producono energia.

È ora che Roma decida se vuole essere la capitale di un paese avanzato ed europeo o una decadente meta turistica.

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