Ricollocamenti già falliti: la Ue ci molla gli immigrati

Dall'Italia dovrebbero essere distribuiti in Europa 1.500 rifugiati al mese. Ma solo sei Paesi hanno dato la disponibilità all'accoglienza. E Bruxelles lancia l'allarme

Ricollocamenti già falliti: la Ue ci molla gli immigrati

Tempismo: mai stato il punto forte del ministro Alfano. A partire dalle catture eccellenti annunciate troppo in fretta via twitter con conseguente irritazione delle forze dell'ordine. Lunedì sera il responsabile del Viminale ci è ricascato. Ai microfoni radiofonici di Zapping ha annunciato esultando la partenza dall'Italia di altri 100 migranti da ricollocare in Svezia e Finlandia: «A due anni dalla strage di Lampedusa i fatti ci hanno dato ragione. Dopodomani altri 100 migranti saranno diretti verso altre capitali europee», una prova, secondo il leader Ncd, che «il piano di ricollocamento sta funzionando». La conclusione? «Sono stato perseguitato dalla Lega e altre forze politiche. Abbiamo vinto e attendo che qualcuno chieda scusa».

Nemmeno 24 ore dopo questo proclama, le notizie da Bruxelles sembrano fatte apposta per spegnere gli ardori alfaniani: il sistema dei ricollocamenti è già in crisi profonda. L'accordo con l'Unione europea che ha fatto scaldare Alfano prevede di trasferire 40mila migranti in due anni dall'Italia verso altri Paesi europei. Di per sé sarebbe almeno un risultato di principio, un modo per europeizzare la questione, sebbene l'accordo sia stato raggiunto con discussioni estenuanti e dopo un voto a maggioranza. Dal punto di vista pratico, lo spostamento di ventimila persone l'anno non fa la differenza, considerato che nel solo 2014 sono arrivati nella Penisola oltre 170.000 persone in cerca di futuro. Nelle ultime settimane, complice la fine della bella stagione e lo spostamento dei flussi migratori su altre rotte (attraverso i Paesi dell'Est Europa e addirittura una via artica) gli arrivi sono diminuiti ed è calata la pressione politica.

I ricollocamenti dunque c'entrano poco, anche perché procedono al rallentatore. La prima partenza, 19 eritrei mandati in Svezia, risale al 9 ottobre. E lunedì, mentre Alfano annunciava altre cento partenze (stavolta verso Svezia e Finlandia), sbarcavano 554 migranti ad Augusta e 633 a Taranto. Poche ore dopo si è scoperto che i cento in partenza stamattina da Ciampino sono in realtà settanta. Per soddisfare l'accordo europeo servirebbero 1.500 posti al mese, ma per ora hanno dato reale disponibilità solo sei Paesi: Germania, Austria, Francia, Lussemburgo, Spagna e Svezia. Da Bruxelles suonano l'allarme: così il programma potrebbe arenarsi. Dopo gli entusiasmi, Alfano non commenta. Lo fa invece Marco Marin, senatore di Forza Italia: «I ricollocamenti sono durati un attimo, giusto il tempo di una passerella in aeroporto per ministri italiani e commissari Ue».

Sono in vista altre difficoltà: le partenze sono su base volontaria e i profughi sono molto scettici, spiega padre Moses Zerai, sacerdote eritreo in prima fila sul fronte dei migranti: «In primavera riprenderanno gli sbarchi di massa e i posti nei Paesi più ambiti finiranno. Se non si darà ai rifugiati la possibilità di scegliere i Paesi di destinazione dove hanno parenti e amici, il programma fallirà».

Una partita difficile che registra altri intoppi. Robert Visser, direttore dell'Easo, l'agenzia europea per l'asilo chiamata a gestire i ricollocamenti, ha dato le dimissioni, ufficialmente «per motivi personali». La Commissione non riuscirà a sostituirlo prima di febbraio.

Altro che successo, il ricollocamento è un rebus. Anche l'agenzia Frontex ha riscosso meno aiuto del previsto: aveva chiesto 775 guardie di frontiera: arriveranno da 19 paesi, ma solo 291 unità. L'eurosolidarietà col contagocce.

Twitter: giuseppemarino_

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