Ricreazione finita: Conte non ha alibi

Ricreazione finita: Conte non ha alibi

Finisce il primo tempo. E si rientra negli spogliatoi fino a settembre. Poi di nuovo in campo per la seconda parte della partita. Nella quale, questa è la sensazione, l'autoproclamato «governo del cambiamento» sarà - questa volta sì - davvero costretto a cambiare lo schema di gioco. Da ieri, infatti, sono alle spalle due dei principali «alibi» su cui M5s e soprattutto Lega hanno costruito la narrazione degli ultimi mesi.

Viene a cadere la crociata per cambiare alla radice l'Europa dell'establishment, per la quale Salvini si è speso durante tutta la campagna elettorale. Il ministro dell'Interno aveva infatti assicurato che con il voto del 26 maggio avrebbe ricostruito una nuova Europa dopo che «per decenni l'Ue è stata amministrata dalle stesse formazioni politiche e dalle stesse facce che hanno messo al centro la finanza, l'economia virtuale e le multinazionali». «Dopo le elezioni tutti questi signori cambieranno mestiere», giurava Salvini. Con il controcanto di Di Maio: «Saremo l'ago della bilancia del prossimo Parlamento Ue». È finita con Merkel e Macron che - oggi più di ieri - sono saldamente al comando della Commissione e della Bce, con buona pace della diplomazia ondivaga del governo italiano. Nelle stesse ore, poi, finisce nel congelatore anche la tanto temuta procedura d'infrazione. E non certo perché la minaccia era solo uno spauracchio. In un Consiglio dei ministri nel quale né Salvini né Di Maio hanno voluto mettere la faccia, Conte e Tria hanno infatti dato il via a quella che è a tutti gli effetti una manovra correttiva mascherata. Hanno usato otto miliardi che il «governo del cambiamento» voleva spendere per le famiglie e la flat tax e li hanno congelato in nome dei vincoli europei. Una scelta gradita a Bruxelles, rassicurata anche dalle garanzie arrivate per le vie informali da un Quirinale che tutto vuole fuorché ritrovarsi con un governo sull'orlo della crisi prima della legge di Bilancio. Eventualità, è la convinzione di Mattarella, che per il Paese sarebbe disastrosa.

Se ne riparlerà a settembre, insomma. Un «intervallo» lungo due mesi durante il quale l'unico vero dossier sul tavolo è quello della nomina del Commissario Ue. Uno spetta all'Italia di diritto ma è da vedere se il portafoglio sarà davvero quello della Concorrenza, forse troppo «pesante» per un'Italia oggi molto «leggera». Chi frequenta Bruxelles non lo dà affatto per scontato, visto che è del tutto evidente che il governo italiano non è neanche ammesso al tavolo delle grandi trattative. Basti pensare che la nomina del dem David Sassoli alla presidenza del Parlamento Ue è avvenuta nonostante la contrarietà di Conte (e di Salvini in particolare). Comunque sia, indicare il Commissario italiano spetterà alla Lega, forte della vittoria alle Europee. I nomi che girano sono sempre i soliti, da un restio Giorgetti (Conte e Di Maio non vedono l'ora di liberarsene) a Centinaio. Quasi impossibile, invece, che il leader della Lega possa dare il placet per Tremonti, non in buoni rapporti con Salvini e soprattutto in grande sintonia con Bossi (che continua a vedere con una certa regolarità).

A settembre, dunque, inizierà il secondo tempo del governo. E chissà se la campagna elettorale permanente sull'immigrazione - dalla Diciotti alla Sea Watch - avrà ancora lo stesso appeal di oggi sull'elettorato che guarda alla Lega. Chissà se a quel punto Salvini e Di Maio potranno ancora passare le loro giornate a litigare su autonomia, Tav, Alitalia e concessione di Autostrade. Anche perché il secondo tempo si aprirà con la legge di bilancio nuovamente sotto la lente dell'Ue, visto che sulla procedura d'infrazione ci siamo limitati a ottenere solo una tregua fino a ottobre.

A quel punto, dopo ormai 15 mesi a Palazzo Chigi e con un mandato pieno in Europa (dei 73 eurodeputati italiani, ben 28 sono della Lega e 14 del M5s, il 57% del totale) sarà ancora possibile scaricare sui soliti «fattori esterni» l'immobilismo dell'esecutivo? Insomma, continuerà davvero a essere solo e soltanto colpa dell'arbitro?

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