Le elezioni amministrative ci consegnano una verità che va oltre la vulnerabilità di Beppe Grillo e dei suoi ragazzi Cinquestelle. Ed è una verità che i commentatori e gli analisti avevano rimosso, quasi occultato, facendo credere all'opinione pubblica che il futuro della politica, e quindi del governo del Paese, fosse una questione a due, tra Matteo Renzi e appunto Beppe Grillo. Ma quando dalla teoria si passa alla pratica ecco che i conti non tornano: la partita non è a due ma a tre, perché il centrodestra, nel suo insieme, è vivo e competitivo, a prescindere da come finiranno i ballottaggi. Anzi, semmai all'orizzonte si intravede una partita sì a due, ma tra Renzi e Berlusconi.
Ci siamo abituati. Non è infatti la prima volta che in politica si fanno i conti senza l'oste. Anche alla vigilia delle ultime Politiche cinque anni fa sondaggisti ed esperti avevano deciso che l'alternativa di governo era tra Mario Monti e Pier Luigi Bersani. Una previsione che naufragò miseramente, come noto, alla prova delle urne. Berlusconi non era politicamente morto, e non lo è oggi. Il problema è come organizzare la proposta elettorale (ognuno per sé, federati, fusi?). E qui si torna alla mamma di tutti i problemi: la legge elettorale, che va in qualche modo concordata con gli avversari, non avendo il centrodestra la maggioranza parlamentare. Berlusconi come ha di recente spiegato in un'intervista a questo Giornale - spinge per un sistema il più proporzionale possibile (ognuno per sé), altri per qualcosa di più simile al vecchio maggioritario (coalizione). La seconda ipotesi è quella che più si avvicina (manca il ballottaggio) al modo con cui si stanno eleggendo i nuovi sindaci e per questo nelle ultime ore ha ripreso quota. Ma un conto è individuare insieme agli alleati un buon candidato sindaco, altro è mettere in campo un candidato premier solido ed autorevole - capace di unire tutte le anime e funzionare da nord a sud, tra i moderati e tra i populisti.
Entrambi i casi presentano vantaggi e svantaggi.
Ma se c'è una cosa che non manca a Berlusconi è la fantasia, l'istinto di adeguare l'offerta alle necessità del mercato. Fatte le regole, ne sono certo, si troverà la soluzione più efficace per rimanere in partita. E magari vincerla, come è successo domenica.
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