Ryanair scorretta Non lasciamo Alitalia nelle loro mani

Ryanair scorretta Non lasciamo Alitalia nelle loro mani

Il gigantesco disservizio programmato da Ryanair, con duemila cancellazioni di voli, è uno dei più imponenti della storia dell'aviazione. È quasi una ristrutturazione e cade in un momento molto delicato. Il numero uno della compagnia, Michael O'Leary, ha detto e ripetuto con enfasi che vuole acquistare Alitalia, o meglio il suo ramo di lungo raggio, rilevando aerei, piloti, equipaggi e manutenzioni. Saranno i commissari straordinari a decidere se l'offerta irlandese potrà essere presa in considerazione. Certo l'acquisto ora si fa più difficile perché l'onda di critiche sollevate da Ryanair renderebbe la vendita molto impopolare. Anche il ministro dei Trasporti Graziano Delrio ieri è stato netto: «La situazione creata con la cancellazione dei voli Ryanair è molto grave. Sono stati provocati disagi ai nostri cittadini e noi pretendiamo un rispetto assoluto dei diritti del passeggeri».

Se una compagnia low cost «dura e pura» come Ryanair dovesse impadronirsi dell'ex compagnia di bandiera, che fine farebbe la cultura del servizio al passeggero di quest'ultima (che esiste al di là di ogni ironia)? L'impressione corrente è che i diritti dei passeggeri, anzi il rispetto verso di loro, siano ancora molto distanti tra le compagnie tradizionali e quelle a basso costo. Nella vendita di Alitalia non è quindi in gioco solo l'azienda, ma l'intero modello del viaggio. Più istituzionale da un lato e più furbesco dall'altro. Il successo delle low cost non è soltanto la riconosciuta efficienza degli aspetti operativi del volo, ma risiede anche in tanti risparmi minimi e nella pletora di costi accessori che si accompagnano al biglietto. Volere risparmiare non sempre fa risparmiare. L'ultimo esempio è recente: i due bagagli finora accettati a bordo da Ryanair sono stati ridotti a uno solo, a meno che non si paghi un supplemento. E di altri supplementi è costellata tutta la procedura d'acquisto.

In realtà i viaggiatori - che in numero crescono costantemente di anno in anno in tutto il mondo - sono ancora divisi in due grandi categorie: quelli senza esigenze, per i quali il trasporto e il risparmio sono tutto, e quelli con esigenze acclarate, che non vogliono rinunciare, anche in una semplice classe economica, ad accoglienza e confortevolezza, confidando poi sul fatto che un marchio tradizionale non abbandona il cliente in aeroporto, come talvolta avviene nei casi di disservizio delle low cost (si vedano le cronache di quest'estate). Il modello a basso prezzo naturalmente fa gola perché se ben gestito guadagna molto, e tante grandi compagnie hanno figliato al loro interno delle autonome società low cost. Esattamente come tante catene di grandi magazzini hanno creato marchi di hard discount.

Eppure il contrario non è avvenuto: se Ryanair comprasse Alitalia sarebbe la prima volta in cui un vettore low cost acquista una compagnia tradizionale. Per quest'ultima sarebbe, in gergo aeronautico, un inesorabile downgrade.

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