Cronache

Sì all'utero in affitto. Blitz dei giudici sulle adozioni gay

La giurisprudenza creativa partorisce una nuova sentenza che riscrive la biologia, in sfregio al Parlamento, e sdogana l'utero in affitto

Sì all'utero in affitto. Blitz dei giudici sulle adozioni gay

La giurisprudenza creativa partorisce una nuova sentenza che riscrive la biologia, in sfregio al Parlamento, e sdogana l'utero in affitto. Il tutto con la scusa del «superiore interesse del minore», diritto a la carte che vale per le coppie gay ma non quando una donna decide (liberamente?) di abortire. Le associazioni gay festeggiano la sentenza della Cassazione che ammette la trascrizione in Italia di un bimbo adottato da due papà con la tecnica dell'utero in affitto, mettendo il sigillo di Stato su una pratica odiosa: pagare una donna, di solito indigente, per portare avanti una gravidanza (e togliendole la possibilità di abortire) per poi strappare il bimbo alla sua madre biologica e costringerlo a una vita in cui la figura materna - se va bene - è un un'immagine sfocata su una foto, una tizia con cui chattare via iPad, tutt'al più un'amica di papà ben felice di rinunciare alla bellezza della maternità per qualche pugno di dollari. Siamo alla sublimazione della mamma come «concetto antropologico», come teorizzava un importante esponente del mondo gay in tv qualche anno fa. E no, anche se fosse questo il caso, non si tratta di salvare «le migliaia di minori non adottati che vivono nelle case famiglia», come lamenta il presidente Arcigay Fabrizio Marrazzo, perché il caso Bibbiano è ancora lì, a grondare schifo e indignazione per quei bambini strappati in-giu-sta-men-te ai genitori naturali per titillare i capricci di alcuni adulti. Come le due lesbiche che facevano l'amore davanti a una bambina adottata dopo averle «imposto un orientamento sessuale», vietandole di portare i capelli sciolti per non essere «un richiamo appetibile per i maschietti». Intanto il Parlamento è inchiodato all'approvazione della legge Zan sull'omotransfobia, reato gravissimo che però per come è formulato rischia di rendere punibile chi sostiene che un bambino ha diritto a una mamma e un papà. La speranza è che si muova qualcosa al ministero della Giustizia, dove c'è una Guardasigilli.

O il movimento femminile e femminista si sveglia o la donna da costola di Adamo rischia di diventare una costola del movimento Lgbt.

Commenti