A parole Matteo Salvini evoca spesso la spallata. La auspica nel bel mezzo di quelle piazze che ha ricominciato a girare come un forsennato dopo il lockdown e quasi la dà per certa mentre posa tra un selfie e l'altro con i suoi sostenitori. Il leader della Lega, però, è ben cosciente che lo scenario in questione non solo non è affatto imminente, ma sarebbe pure altamente rischioso. Perché se davvero il governo Conte andasse in crisi, la soluzione più quotata non sono certo né le urne, né un esecutivo di centrodestra con il sostegno dei fuoriusciti del M5s. Ma un governo di unità nazionale. Con Salvini che si troverebbe davanti al dilemma amletico di dover scegliere se «sporcarsi le mani» con un esecutivo «tutti dentro» (che è la linea di Giancarlo Giorgetti) oppure rimanere alla finestra insieme a Fratelli d'Italia chiamandosi, di fatto, fuori dalla partita per l'elezione del successore di Sergio Mattarella che si giocherà a febbraio del 2022.
Insomma, tra il dire e il fare c'è di mezzo la consapevolezza che la strada post crisi di governo potrebbe essere di molto accidentata. Non è un caso che Salvini - questo racconta chi ha avuto occasione di parlargli negli ultimi due giorni - non voglia accelerare alcuni cambi di casacca dal M5s alla Lega che al Senato sarebbero già cosa fatta. Perché, ragionava in privato l'ex ministro dell'Interno, «finirebbe come l'estate scorsa». Quando dal Papeete aprì un'improvvida crisi agostana, finita poi come tutti sappiamo. La lezione, insomma, è servita. E il leader della Lega non vuole ripetere lo stesso errore. Pare, neanche quello di farsi immortalare - mojito alla mano - mentre balla o fa il dj nel bel mezzo della spiaggia di Milano Marittima. Ci tornerà anche quest'anno, ha detto giorni fa. Ma nel suo entourage escludono le performance della scorsa estate e danno per scontato un profilo molto più misurato.
Insomma, il primo vero appuntamento che potrebbe davvero far ballare il governo al punto da mandarlo in seria fibrillazione sono le regionali in programma a settembre. Si vota in sei regioni che contano oltre venti milioni di italiani. E il centrodestra - questo dicono i sondaggi di oggi - potrebbe ribaltare la situazione sia in Puglia che nelle Marche, scenario che farebbe scricchiolare la segreteria dem di Nicola Zingaretti. Se davvero Raffaele Fitto dovesse vincere, infatti, lo farebbe in una regione pesante. Mentre Francesco Acquaroli sembra in grado di riuscire nell'impresa di spostare a destra una regione storicamente rossa. Con un dettaglio: sia in Puglia che nelle Marche, i candidati che oggi sembrano in grado di ribaltare e vincere sono tutti e due di Fratelli d'Italia. Il che, sta nelle cose, in caso di vittoria potrebbe incidere anche negli equilibri interni al centrodestra.
Così, archiviato il braccio di ferro sui candidati, tra Lega, Fdi e Forza Italia il clima si è andato rasserenando. Silvio Berlusconi, per altro, ha molto gradito che durante la manifestazione di Piazza del Popolo sia Salvini che Giorgia Meloni abbiano avuto parole di solidarietà nei suoi confronti, con la leader di Fdi che si è detta favorevole alla sua nomina a senatore a vita. D'altra parte, non è questo il momento delle tensioni, né dei distinguo. Perché al momento gli scenari più quotati vedono le elezioni politiche piuttosto lontane a prescindere dallo stato di salute del governo Conte.
A fine settembre c'è la tornata delle regionali, ma anche se il voto dovesse avere ripercussioni sull'esecutivo è altamente improbabile si possa votare tra novembre e febbraio 2021 (anche per il rischio di una nuova ondata di Covid-19). E a quel punto è presumibile che qualunque maggioranza ci sia, tiri a campare fino al traguardo del 4 agosto 2021. Giorno in cui inizia il semestre bianco e non è più possibile sciogliere le Camere.
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