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Fronda anti Salvini nella Lega: così tradisce gli ideali del Nord

Lo spin doctor del segretrio: non siamo più un "cespuglietto nordista". E la base pro Bossi scatena la guerra sui social. Critico anche Maroni: lo strappo su Bertolaso azzoppa Parisi

Fronda anti Salvini nella Lega: così tradisce gli ideali del Nord

In un partito come la Lega, dove litigi e dissensi sono quasi sempre rimasti tra le quattro mura di via Bellerio, è davvero sintomatico di una certa insofferenza il fatto che lo scontro interno arrivi a esplodere sulla pubblica piazza di Facebook. Accade ormai da giorni ed è il termometro di un Carroccio in agitazione, soprattutto quella fetta di elettorato militante che ne rappresenta lo zoccolo duro, i tanti ancora fedeli a Umberto Bossi. Una base che non vede di buon occhio un allargamento del consenso fuori dai tradizionali confini della cosiddetta Padania, militanti convinti che il progetto di Matteo Salvini sia destinato a snaturare la stessa ragion d'essere della Lega.

Tensioni e dubbi che sono alla base della dura presa di posizione di Roberto Maroni, convinto che a Roma si sarebbe dovuto sostenere Guido Bertolaso e che «non si vince facendo la guerra all'alleato». Una critica neanche troppo velata al leader leghista. E ieri, intervistato dalla Stampa, ci ha messo il carico da novanta pure Bossi, secondo cui Salvini si sarebbe fatto condizionare dalla «voglia di diventare il candidato premier del centrodestra». «Matteo sbaglia, ma è un ragazzo», la butta lì fingendo comprensione il Senatùr. Che invece con il segretario del Carroccio è in rotta da tempo, convinto com'è che il suo progetto di discesa verso Sud equivalga a smantellare quanto fatto dallo stesso Bossi da quando nel lontano 1984 fondò la Lega autonomista lombarda.

Le prese di posizione di Maroni prima e del Senatùr poi, però, hanno anche un'altra motivazione. Il tentativo, infatti, è quello di cercare al più presto una ricomposizione con Silvio Berlusconi. I due con l'ex premier sono in contatto, soprattutto il Senatùr che recentemente è stato ospite a Palazzo Grazioli. E la preoccupazione è che la rottura tra il Cavaliere e Salvini possa diventare con il passare dei giorni insanabile. Non tanto politicamente quanto umanamente, visto che Berlusconi ha considerato una mossa da «venditore di tappeti» quella di chiudere prima l'intesa a Milano (dove la Lega ha il suo core business) per poi fare la voce grossa e sfilarsi a Roma (dove invece non ha nulla da perdere). Una «furbata», ha più volte ripetuto l'ex premier in privato, un «comportamento sleale e disonesto». Non è un caso che ieri Salvini abbia tentato un riavvicinamento, forse un po' maldestro, spiegando sì di «essere grato a Berlusconi per quello che ha fatto» ma auspicando che «Forza Italia cambi la sua classe dirigente».

Il punto, però, è che lo scontro che sta devastando il centrodestra potrebbe avere conseguenze anche sulla corsa a sindaco di Milano. Il rischio, è la preoccupazione confidata da Maroni in queste ore ad alcuni big di Forza Italia e Ncd della Lombardia, sarebbe infatti quello di azzoppare Stefano Parisi. Lo sfidante di Giuseppe Sala - è il senso del ragionamento del governatore lombardo - non scalda troppo gli animi dei militanti della Lega che sono però disposti a votarlo nell'interesse superiore di un centrodestra che possa tornare competitivo in chiave anti-Renzi. Ma con la coalizione che si fa la guerra su Roma, spiegava Maroni, «sono giorni che i nostri militanti ci fermano per strada e alle sezioni e ci dicono che in questa situazione a votare per Parisi non ci vanno».

Una tensione palpabile, sfociata negli ultimi giorni anche su Facebook, dove la vecchia guardia si è scatenata contro la cosiddetta Lega 2.0. Ad accendere gli animi già caldi un post di Luca Morisi, spin doctor di Salvini. «Qualcuno pensa che la Lega sia ancora un cespuglietto solo nordista, minoritario, da tenere sotto il tacco regalandole ogni tanto qualche contentino. Poveretti! La Lega di Salvini è forza trainante», scrive Morisi. Apriti cielo. Le sue parole vengono interpretate come un disconoscimento della storia del Carroccio e un attacco a Bossi, padre del «cespuglietto solo nordista» e «sotto il tacco» dei «contentini» elargiti da non si sa bene chi. La reazione della rete è durissima. Tanto che Morisi si fa prendere la mano e a tal Alessandro Ruffini - che auspica che il Carroccio continui ad essere un partito del Nord - risponde con un definitivo «allora ciao». Sono decine i militanti che puntano il dito contro l'uomo comunicazione di Salvini, compresi diversi ex giornalisti del quotidiano la Padania, tutti licenziati perché il movimento non aveva più soldi in cassa: «Noi a casa e la sua società che fattura 220mila euro l'anno dalla Lega. Una vergogna». Uno scontro duro, che rimbalza nei tanti gruppi WhatsApp dell'universo leghista. Dove scoppia anche il caso «Noi con Salvini», il movimento nato per far scendere il Carroccio al Centro e Sud Italia (anche perché la Lega Nord per statuto ha competenza solo fino a Toscana e Marche). La costola nazionale del Carroccio, infatti, deve presentare le sue liste sotto la linea del Po e non oltre (a Isernia dovrebbe persino portare a casa un suo candidato sindaco insieme a Fratelli d'Italia).

Eppure pare che in due Comuni della Lombardia invece della Lega Nord correrà proprio «Noi con Salvini», due eccezioni che sollevano il dubbio di qualche malalingua, convinta che il segretario della Lega voglia testare il suo brand anche al Nord.

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